Con i titoli fuorvianti non si fa informazione

Gentile direttore,
stiamo vivendo un periodo storico difficile, nel quale l'emotività e la percezione soggettiva degli eventi che stiamo affrontando fanno da padrone. Le notizie vere o false si susseguono alla velocità della luce, così come le opinioni di persone più o meno accreditate. Ognuno di noi ha (purtroppo o per fortuna) la libertà di scegliere le notizie alle quali dare credito e quali comportamenti tenere di conseguenza.

Anche i giornali hanno la libertà di scegliere quali notizie dare e come darle, perfino di sceglierne i titoli. So che i giornali hanno bisogno di vendere e che in questo mare tempestoso di giornali online, notizie, post e social, vince chi riesce, in poche parole, a dire qualcosa d'effetto, che catturi l'attenzione. Ma credo anche che i giornali abbiano una responsabilità enorme nel formare una società informata, che sappia ragionare e dibattere sui temi in maniera profonda, e credo che i giornalisti abbiano, in questo senso, un grandissimo potere.

Mi è salito un moto di rabbia quando, sul sito de l'Adige online ho letto il titolo «Positiva una dottoressa vaccinata contro Covid-19 appena sei giorni fa». Certo l'articolo, al suo interno, spiegava che ciò può succedere perché l'immunità è garantita solo dopo la seconda dose, ma sappiamo tutti che gran parte della gente leggerà solo il titolo, e questo porterà alla diffusione di fake news e aumenterà la percezione di pericolo, di paura o di scetticismo a seconda delle idee del lettore.

In un periodo delicato come questo, perché andare a fomentare idee sbagliate e teorie scientificamente non provate attraverso titoli fuorvianti? Certo possiamo chiudere gli occhi e dirci innocenti, non è certo colpa del giornale se la gente non legge poi l'articolo per intero. Vero, ma non prendiamoci in giro, i titoli non vengono mai scelti a caso e stento a credere in un'innocente ingenuità. Se vogliamo formare una società intellettualmente sveglia e capace, dobbiamo iniziare dal dare una lettura chiara degli eventi a partire dai titoli.

Da lettrice de l'Adige, mi dispiace notare come ci si adegui invece di provare con coraggio (o solamente con onestà) a fare la differenza.

Beatrice Agostini - Trento


 

La fretta non è mai una buona consigliera.

La ringrazio per la preziosa osservazione. Mi creda, ogni giorno - con modestia, ma anche con grande attenzione, consapevoli di quanto pesi ogni singola parola - cerchiamo di fare la differenza. Se in questa occasione non ci siamo riusciti mi scuso dunque con lei e con i lettori. Mi pare che la nostra battaglia contro ogni notizia falsa e contro le degenerazioni di una certa "informazione" rispetto ai vaccini sia abbastanza evidente.

Nello specifico parliamo semmai di una notizia che data con un certo titolo (anche se sul giornale abbiamo subito cercato di fare un titolo più chiaro, avendo più tempo per essere ancor più precisi) si poteva effettivamente prestare a dei fraintendimenti.

A volte, più che innocente (o non innocente) ingenuità, c'è il semplice e almeno sulla carta lodevole desiderio di dare una notizia prima degli altri. E la fretta non è mai una buona consigliera.

Certo, i giornali sono anche un prodotto che ogni giorno va scelto e acquistato in edicola, ma, davvero, non abbiamo bisogno di titoli che ci facciano vendere una copia in più. Il che non vuol dire che non capiti anche a noi di sbagliare il taglio da dare a un titolo o a una notizia. Dunque faccio tesoro del suo consiglio.

lettere@ladige.it

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