Trento e Rovereto, i negozi e i dispetti di Fugatti

Lettera al giornale

Trento e Rovereto, i negozi e i dispetti di Fugatti

Negozi chiusi la domenica. Ma dove? A Trento e Rovereto. Non altrove. Quindi chi ha assunto questa decisione evidentemente ha agito sulla base di una sua valutazione specifica per ciascun tipo di territorio: uno, quello delle due maggiori città e l’altro, quello delle le valli e delle città minori. Ma allora ciò significa che ha ammesso che ogni tipo di territorio debba essere governato in modo specifico. E se la premessa è questa, la conseguenza avrebbe dovuto essere - se non altro in applicazione del principio di sussidiarietà - che a decidere sulla questione per Trento e per Rovereto avrebbero dovuto essere i rispettivi sindaci. E invece no, invece la “holding” provincia ha deciso al posto delle sue due maggiori “società” partecipate, arrogandosi il diritto di trasformarsi da “holding di partecipazioni pura”, in “holding operativa”. Traduco: ha deciso di trasformarsi da ente che gestisce situazioni comuni a tutto il territorio e che reclama dallo Stato il trasferimento in loco del 90% delle imposte sul reddito locale, in ente tutore non richiesto di situazioni locali specifiche, in ente decisore paternalistico, in amministratore di sostegno di enti - i comuni - e dei relativi sindaci, giudicati incapaci e/o non legittimati a decidere in proprio del loro territorio. Ma c’è di più. Il presidente della giunta provinciale ha motivato la sua decisione per Trento con un’affermazione assolutamente sorprendente: «Trento non è una città turistica, quindi cosa se ne fa dei negozi aperti la domenica?». In dialetto trentino si dice che l’è sta pezo ‘l tacon del bus, cioè la pezza che ci ha voluto mettere è stata peggio del buco che si voleva rattoppare. Ma come? Mentre le forze politiche comunali stanno cercando in tutti i modi di fare emergere sempre di più l’aspetto - esistente ed innegabile - di una Trento turistica; mentre si sta studiando come portare la montagna in città (e non viceversa, sia chiaro!) con la funivia Bondone-Trento, lui se ne esce con questa affermazione? E subito dopo, forse per farsi perdonare, ecco l’elenco della Provincia delle opere pubbliche in cantiere: asfalto, gallerie etc.. Bene ma. Ma cosa? Ma ... amici, gobernar no es asfaltar! Infatti occorre avere una “visione” di dove si vuole condurre la Provincia: non basta instradare la gente sbusando montagne e slargando strade: è la Provincia che deve essere instradata verso un nuovo modello, verso una meta aggiornata ai tempi. Ah ... dimenticavo: il principio di sussidiarietà non significa «dare sussidi a chi ti vota» bensì «non faccia l’ente superiore ciò che può fare direttamente e meglio l’ente inferiore». Così, tanto per essere sicuri di parlare la stessa lingua, perché le parole hanno il loro valore, anzi, sono pietre, scriveva don Lorenzo Milani ad una professoressa.

Riccardo Lucatti


 

Uno sgambetto alle due amministrazioni

Ci sono due grandi questioni. La prima (e qualche giorno fa non a caso ho parlato di demagogia da parte del presidente della Provincia) riguarda l’idea che Trento possa arginare un fenomeno mondiale: quello delle aperture domenicali. Sulla carta è anche bello che qualcuno, con un secchiello, cerchi di svuotare il mare, ma per farlo serve altro: un’intesa seria con i commercianti - soprattutto con i piccoli, che faticano a stare aperti sempre - e con una comunità che può anche sperimentare nuove vie, ma non certo così. La seconda è squisitamente politica. Se si pensa che la città dei festival, il luogo che tutti (turisti inclusi) raggiungono dalla periferia, non sia turistica e se si ritiene che non sia turistica la città dove si è deciso di mettere il Mart, allora vuol dire che si ha un’idea bizzarra del Trentino e delle sue risorse culturali e turistiche. Di qui il retropensiero che, in realtà, si voglia fare soprattutto uno sgambetto alle due amministrazioni che faticano ad allinearsi politicamente. Come diceva Giulio Andreotti? A pensar male ci s’azzecca...

lettere@ladige.it

comments powered by Disqus