Il ritorno a scuola non può essere per tutti

La lettera al giornale

Il ritorno a scuola non può essere per tutti

Caro direttore, anche io voglio dire la mia sulla riapertura delle scuole. La nostra Costituzione tutela il diritto allo studio, il diritto al lavoro, il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Diritto allo studio: studenti e scolari devono essere assistiti nel loro sviluppo intellettuale culturale e umano. La scuola non può abbandonarli.

Diritto al lavoro: L’Italia è fondata sul lavoro: i genitori hanno diritto di tornare entrambi a lavorare. Lo Stato non può abbandonare le donne (mamme) e costringerle a restare a casa per badare ai figli. Un insegnante si è formato professionalmente con anni di studio: lo Stato non può costringerlo a convertire il suo insegnamento in babysitteraggio/vigilanza. Diritto alla salute: La Costituzione tutela il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Difficile far mantenere le distanze di sicurezza ai bambini. Difficile applicare i protocolli di sicurezza. Il contagio è probabile e lo Stato non può costringere un insegnante a lavorare in condizioni di precaria sicurezza. Come fare ad armonizzare e rispettare tutti questi diritti?

È vero che la scuola non si è mai fermata e che è in corso la didattica a distanza. Ma è anche vero che quegli studenti che non hanno dei genitori solerti, partecipi e disponibili si sono persi nel mare della distanza e non sono riusciti a salire sulla scialuppa della didattica. È vero che alcuni docenti hanno lavorato non stop 24 ore su 24. Ma è anche vero che altri docenti si sono limitati ad assegnare una carrettata di compiti e non hanno tenuto neanche una videolezione. L’emergenza sanitaria si trasforma in un’emergenza democratica se non ci organizziamo con onestà, trasparenza e pragmaticità allontanandoci al più presto da ogni vaghezza e discrezionalità.

La mia proposta: dobbiamo fare prima l’indispensabile, poi il necessario e infine l’utile. Siamo nella stessa tempesta ma non siamo tutti sulla stessa barca: c’è lo studente che riesce a studiare in autonomia e quello che va continuamente sollecitato, c’è chi viene aiutato dai genitori e chi no. Fare l’indispensabile significa garantire che il diritto alla formazione di chiunque venga preservato. Le modalità di fruizione della lezione devono variare a seconda dei casi. Non possiamo TUTTI tornare in classe contemporaneamente. Si devono organizzare dei gruppetti e dei turni. In classe devono tornarci in primis quegli studenti che, fuori dalla classe e senza la presenza fisica dell’insegnante, non hanno modo di apprendere e formarsi (i disabili, ad esempio). Gli altri DEVONO seguire la lezione online. Sì, devono. Niente telecamere oscurate e niente scuse: la lezione è la medesima e anche i ragazzi da casa, se distratti, potranno venir ripresi dall’insegnante.

Alessandra Abram


 

Si potevano inventare mille soluzioni

Certo che può dire la sua. In questa pagina tutti possono farlo. Il suo ragionamento mi convince. Salvo il finale, con quel “DEVONO” scritto tutto maiuscolo. Chi può stabilire - visto il divario di cui lei stessa parla con grande cognizione di causa nella sua lettera - chi è in grado di seguire le lezioni via web? I diritti, questa volta, sono paradossalmente fra loro in contrasto e la scuola ha dimostrato, com’è normale e come in fondo è successo in molti altri mondi, di viaggiare a due o tre velocità (in alcuni casi, anche questi comprensibili, ha anche dimostrato di non saper viaggiare affatto).

Aggiungo solo una cosa: in situazioni d’emergenza tutti noi abbiamo fatto cose che di solito non facciamo. Intendo dire che a domande che nascono in un tempo come questo, non possono che corrispondere risposte che dell’emergenza tengano profondamente conto. Ora le dirò una cosa impopolare, che mi renderà antipatico ai miei amici baristi: trovo inaccettabile che in un Paese civile si aprano i bar prima delle scuole. Cito i bar perché nei bar i giovani stanno vicini e senza mascherina (sfido chiunque a bere con la mascherina), esattamente come a scuola. La differenza è che non ci sono gli insegnanti. Potrei dirle, con una battuta, che in alcuni casi l’assenza dei docenti, fra l’altro, si nota molto. Le dico invece che la politica deve trovare soluzioni.

Da noi si poteva fare scuola in un bosco, in un prato, in un cortile, in una palestra. Si potevano inventare mille soluzioni. Ma l’emergenza ha dimostrato che la scuola è l’ultimo dei pensieri di molti, di troppi. Mi viene in mente quel ministro che disse che con la cultura non si mangia...

lettere@ladige.it

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