Impianti aperti, errore pagato caro

La lettera al giornale, il Direttore risponde

Impianti aperti, errore pagato caro

Sono rimasta sbigottita dalla risposta data dal nostro Presidente a chi lo criticava per non aver chiuso tempestivamente gli impianti da sci: «In quel momento la situazione non era prevedibile». Ma stiamo scherzando? Dopo quanto stava già accadendo nelle regioni confinanti Lombardia e Veneto, non ci voleva Einstein per capire che il massiccio afflusso di turisti che ci si aspettava proprio dalle zone più colpite avrebbe drasticamente peggiorato la situazione sanitaria anche da noi.

Ho un fratello che dirige un albergo a Canazei e mi ha riferito che in quel maledetto fine settimana le prenotazioni sono passate da 0% al 100%: tutti lombardi che senza coscienza e rispetto per il prossimo sono venuti a passare il weekend da noi in compagnia di sci e coronavirus. Sì, perché i contagi ci sono stati nell’albergo di mio fratello, tra i dipendenti, come in tutto il resto della Val di Fassa, una delle zone più colpite del Trentino. Io stessa abito a Brentonico, località turistica nota soprattutto ai milanesi: anche qui sabato 7 marzo c’è stato un considerevole afflusso di sciatori lombardi ma sembra che per ora i casi registrati siano fortunatamente limitati. Aver tenuto aperto gli impianti e accolto un numero impressionante di turisti proveniente da quella che in quei giorni era zona rossa lo considero un errore gravissimo (ma non l’unico) che poteva e doveva essere evitato.

Ilaria Fait


 

Una scelta scellerata

Sì, è stato un errore gravissimo, come peraltro noi sottolineammo in tempo reale, con foto e articoli emblematici. In quei giorni la politica si muoveva a tentoni, è vero.

C’era il sindaco Sala che diceva che Milano non chiudeva. Sembrano passati anni. Però quella decisione andava presa prima. Già si sapeva, da qualche giorno, che tutto stava precipitando e tenere gli impianti aperti, con tutte quelle persone ammassate in coda, è stata una scelta scellerata. Ora incrociamo le dita, ma abbiamo rischiato un dramma simile a quello originato - stando a tutti gli esperti - dalla partita di Coppa che s’è giocata Milano come se niente fosse fra Atalanta e Valencia.

Alta è stata la responsabilità di chi è venuto in montagna o di chi è andato alla partita, ma ad altri spettava il compito di fermarli.

a.faustini@ladige.it

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