Via Ernesta Bittanti? Fu contro l’Autonomia

La lettera al direttore

Via Ernesta Bittanti? Fu contro l’Autonomia

Sulla scia del marito, Cesare Battisti, arriva anche la signora Ernesta Bittanti, sua moglie, alla quale viene dedicata una via di un sobborgo di Trento. Bello sarebbe conoscere appieno le vere motivazioni che hanno portato a questa scelta, qualcuna forse intuibile. Basta infatti pensare alla marea di denaro pubblico usato per la celebrazione del centenario del consorte nel 2016, ad altrettanto denaro pubblico che verrà usato per l’Opera omnia sempre per lo stesso soggetto, ai finanziamenti pubblici profusi per cambiare il vestito di Battisti, ricoprendolo ora con la casacca di grande geografo e cartografo. Si potrebbe pensare che si sta assistendo ad una operazione di riassestamento dopo gli ultimi tempi, nei quali la figura dell’eroe e del martire si è piuttosto offuscata, per cui in qualche modo si deve ora ridar lustro alla “figura” e alle finalità. Dopo 100 anni, sarebbe comunque anche ora che certa storia venisse raccontata nella sua vera realtà, aiutando cosi a chetare la tensione che si viene a creare nelle due fazioni contrapposte che si rivitalizzano in negativo, ogni volta si nominano certi soggetti.

Ed ora tocca alla signora Bittanti-Battisti, che anche lei come il marito, non è di certo nelle simpatie di una parte della nostra popolazione in quanto sembra di capire dal suo comportamento, che questa Terra e la sua gente non è di certo stata né compresa, né amata dalla signora.

Anzi! Arrivata a Trento da Firenze nel 1899 dopo aver sposato civilmente Battisti, si buttò subito nel giornale “di famiglia”, sparando da subito, chiamiamole ammorbidendole, “inesattezze” che costrinsero Battisti a chiedere ufficialmente delle scuse che vennero motivate col fatto che la moglie disse, era novellina delle cose Trentine! Va anche detto che lei insegnante in un Liceo di Firenze, fu espulsa dall’insegnamento in tutte le scuole del Regno d’Italia causa le sue idee, per cui riparò nell’odiata e barbara Austria, anzi come lei stessa scrisse: «nella più clericale e feudale delle province dell’Austria!».

Bastava agli effetti rimanesse nella sua Firenze, tenendosi ben stretto il consorte, e avrebbero di certo risparmiato parecchi lutti e dolori alla gente sia Tirolese che a quella Italiana. Dolori dei quali specie il marito è pienamente corresponsabile. Non avremmo perso neanche il nostro Inno al Tirolo visto che ce l’avevamo già per via del lavoro di Don Livio Rosa, lavoro che sembra, dico sembra, sia poi stato “ritoccato” dalla signora e trasformato in Inno al Trentino. La cosa è infatti parecchio confusa, e chi di dovere, non ha ancora chiarito nulla in merito.

Una persona la Bittanti, da sempre contraria all’Autonomia del Trentino, come chiaramente si espresse: «Fui sempre contraria ad una autonomia speciale per il Trentino. Fu dal 1946 mia opinione doversi concedere l’Autonomia integrale nell’Alto Adige, secondo il patto Degasperi-Gruber, che salutai con gioia. Ma il Trentino seguisse invece la sorte di tutte le altre province d’Italia…ecc.. ». Comunque il nome della signora farà bella mostra nella viabilità locale, e spero questo sia stimolo di approfondimento per qualcuno che capirà così il perché di una certa storia. Sempre se storia la si può definire!

Giuseppe Matuella


 

Non dobbiamo avere paura di celebrare i nostri padri

Se non ho capito male - e mi passi il tono ironico - lei non è esattamente un tifoso di Cesare Battisti o di sua moglie, Ernesta Bittanti Battisti. Ma ci sono vicende che non si possono leggere con gli occhi del tifoso. La nostra storia ha spesso avuto due facce, due spinte, due fuochi. Ignorare Battisti e sua moglie o addirittura considerare sbagliato il ricordo di due grandi persone è un errore politico e storico. Si deve guardare sempre avanti, rispettando non solo il passato, ma anche i passati, se vogliamo considerare che ve ne sia più d’uno, di passato.

Battersi per il Trentino italiano, fra l’altro, non significa - al di là della frase che lei cita, che non si può leggere oggi, attribuendole un peso totalmente diverso - opporsi all’autonomia. Significa semmai opporsi all’Austria e spingere, questo sì, per un Alto Adige in qualche modo staccato dall’Italia. Ma il punto non è questo, anche perché - ripeto - il ragionamento va contestualizzato. Il punto è che non dobbiamo mai avere paura di celebrare i nostri padri, nemmeno se non ci riconosciamo nei loro gesti, nelle loro azioni, in ciò per cui si sono battuti.

Il Trentino deve ricordare chi stava da una parte e chi stava dall’altra, non cancellare un pezzo del suo importante passato. Aggiungo una cosa, collegandomi a quanto lei scrive alla fine della sua lettera: sarebbe bello, sotto il nome di una via, raccontare sempre, in poche righe, a chi quella via è intitolata. Dare il nome di una persona a una via dovrebbe servire anche a questo, effettivamente. Ad andare oltre, a capire, ad approfondire.

a.faustini@ladige.it

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