Giusto amare i cani, ma non sono vostri figli

La lettera al direttore

Giusto amare i cani, ma non sono vostri figli

Gentile direttore, mentre percorrevo in sella alla mia bici il tratto di ciclabile che costeggia il fiume Adige in prossimità del sovrappasso di Roncafort, una voce di donna richiamò la mia attenzione. Ernesto, Ernesto, vieni dalla mamma. Istintivamente misi subito le mani sui freni, pensai ad una mamma che chiamava a gran voce il proprio figlio. La sorpresa ed un sorriso mi segnò il viso, quando mi accorsi che Ernesto era un cane di piccola taglia che scorrazzava libero nel tratto di sponda sotto la pista ciclabile. Ho pensato come sempre della pericolosità nel lasciare liberi i cani, anche perché la zona è frequentata da molte persone. Da amante degli animali ed in particolare modo dei nostri amici a quattro zampe, un piccolo pensiero al riguardo a quel simpatico e dolce richiamo l’ho fatto. A mio modesto giudizio, troppe volte trattiamo i nostri animali come dei figli, non lo sono!!
Troppe volte dimentichiamo o per lo meno non vogliamo capire della grande responsabilità che si deve avere nell’educare il proprio cane. Ogni padrone deve avere cognizione delle basi sulle quali si cementa il rapporto tra uomo e animale, questo per evitare al di là di questo simpatico episodio, comportamenti che si sposano poco con la buona l’educazione civica.

Massimo Fabbri

 


 

Buon senso e buona creanza

Le questioni sono diverse, come lei stesso sottolinea: da una parte c’è il rapporto fra noi e gli animali - rapporto quasi sempre straordinario, a volte invece paradossale, perché c’è davvero chi ama gli animali più degli essere umani (facendo persino un po’ di confusione) -, dall’altra c’è il nostro rapporto con gli altri. La verità è che gli altri, a molti di noi, sembrano interessare sempre meno: tendiamo infatti a fare qualunque cosa o a lasciar fare qualunque cosa ai nostri figli o ai nostri animali, incuranti di chi ci sta intorno. È un problema di educazione in generale e di educazione civica, come dice lei, nello specifico: perché ci sono regole chiare, c’è il buonsenso e c’è appunto quella che un tempo chiamavamo buona creanza. Le basi di cui parla lei sono insomma sempre più fragili. Speriamo che una lettera come la sua aiuti qualcuno a cambiare atteggiamento. Le parole servono anche a questo.

a.faustini@ladige.it

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