Il giudizio su Craxi, vent'anni dopo

Il giudizio su Craxi è molto negativo.

Sono d’accordo al 100% con quanto affermato dal magistrato Pasquale Profiti nell’articolo pubblicato sull’Adige del 20 gennaio «Ma Craxi non è un patrimonio», con riferimento al debito pubblico concretizzatosi per l’Italia principalmente nei decenni degli anni Settanta-Ottanta del Novecento, quando era predominante l’ideologia socialista, che vedeva Craxi ai vertici politici. Le generazioni future dovranno farsi carico di questi debiti. Mi permetto di andare oltre questa giustissima critica posta solo sul piano materiale, ricordando che ci sono anche gli aspetti morali-spirituali da tenere presenti, che sono ancora più importanti, dei quali i socialisti sono politicamente responsabili. Mi riferisco al fatto che sono stati proprio loro a farsi promotori, negli stessi decenni, delle leggi sui temi sensibili della famiglia, in primo luogo della legge sulla separazione-divorzio, dando luogo a quella che ora dopo quarant’anni chiamiamo società liquida. Comunismo e nazismo non ci sono più, ma abbiamo le loro leggi. I risultati velenosi si vedono, 6 milioni di nuovi poveri, dei quali quasi un terzo in condizioni di miseria. Le leggi ci sono per creare ricchezza, non povertà e miseria. Oltre ai debiti materiali, le generazioni future avranno sulle spalle anche i debiti economici e non solo economici di quelle leggi sbagliate, ingiuste e incivili. Non si tratta di rigidità e intolleranza, ma di pura e semplice realtà.

Luciano Conotter

 

I reati sono reati, per tutti

Craxi vent’anni dopo: io dico grazie a Profiti Caro Direttore, ho letto e apprezzato l’articolo del dottor Profiti sul personaggio Craxi come su un altro giornale la testimonianza di Di Pietro. Ho vissuto quegli anni a Roma e a Milano. A Roma l’avvento dei socialisti fu subito definito il “partito della forchetta” in quanto occuparono tutti i posti chiave, sollevando i democristiani in completa crisi e discesa elettorale. A Milano - avevo l’ufficio in corso Magenta davanti alla sede del Psi - e assistevo quotidianamente alla processione di industriali, di ricchi lombardi e non, forse i non ammessi nei riservati uffici di Craxi in zona Duomo. Il partito si era trasformato in una holding politico/industriale e tantissimi se ne avvantaggiarono candidandosi ed affiancandolo.
I tempi di Nenni, Togliatti e Degasperi erano ormai un ricordo lontanissimo. Lo scandalo della Baggina e l’iter giudiziario di Mani Pulite, con le successive condanne, decretarono la caduta verticale di Craxi come del partito. La figura di Craxi è stata ingombrante, piena di chiaroscuri ancora tutti da scoprire e capire.
Che oggi però se ne faccia la vittima del sistema giudiziario italiano, un esiliato forzato e non un latitante, francamente mi stupisce, come il film che narra la storia di un’altra persona, sola, sconfitta, malata non a Caprera ma ad Hammamet. Mi stupisce il furor di popolo sulla giustizia che se persegue i malavitosi è osannata e quando invece indaga sul nostro sistema partitico/governativo, è inesorabilmente accusata e condannata: i reati sono uguali per tutti e come tali la Lex deve perseguirli e giudicarli. Grazie quindi a Profiti, a Di Pietro (come a tutti gli altri Magistrati e forze dell’Ordine) se ancora possiamo vivere questa traballante democrazia affiancata dalla quotidiana, forte, crescente demagogia. Per Bettino un requiem alla memoria, di quello che fece e per quello che non fece.

a.faustini@ladige.it

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