Soluzione Mose per Venezia patrimonio dell’umanità

La lettera al direttore

Soluzione Mose per Venezia patrimonio dell’umanità

Gentile direttore,
premesso che le ruberie ci sarebbero state anche con altre soluzioni, a me pare che i paragoni con Olanda, e Tamigi non c’entrino per il semplice fatto che Venezia è Venezia, una città unica al mondo, costruita sull’acqua, patrimonio dell’umanità, ricchissima di tesori artistici a cominciare dalla basilica di San Marco.
Un intervento che la difenda dall’acqua alta deve porsi l’obbiettivo di non modificarne l’aspetto con opere permanenti fisse o mobili sulle bocche di porto. Il Mose, sistema di paratoie mobili incernierate sul fondo della laguna, è visibile solo con l’acqua alta come quella degli scorsi giorni. In tutti gli altri le paratoie spariscono. Certo, il sistema deve però funzionare!
Difficile capire perché, malgrado gli anni trascorsi e la montagna di soldi spesi e mangiati, manchi ancora il collaudo e, come ho sentito da Giletti in tv su La7, i tubi dell’aria non sono fissati a dovere. Se ho capito bene, quelle paratoie sono degli enormi serbatoi, pieni d’acqua quando sono abbattuti sul fondo e pieni d’aria quando emergono dall’acqua a fare da diga. Chi sono i progettisti, la direzione lavori, i collaudatori, le aziende esecutrici?

Marcello Pegoretti


 

L'importante è che si porti a termine

Faccio mia una frase dell’editore Luca De Michelis, figlio di Cesare e nipote di Gianni: «Io non me ne intendo e non sono certo un esperto - ha detto nei giorni scorsi - ma se i veri esperti dicono che il Mose potrebbe davvero essere la soluzione, allora che lo finiscano, aggiungendo i denari che servono per completare l’opera». Come vede, un pezzo della cultura veneziana è con lei. Concordo: se si vuole mangiare su un’opera pubblica lo si fa ad ogni latitudine e a prescindere dal progetto in questione, ma se il progetto ha un senso, è opportuno che si distingua la corruzione dall’idea, la voracità dalla necessità. La cosa che più mi colpisce, però, è che Venezia in 1200 anni sia finita sott’acqua sei volte, di cui quattro negli ultimi cinquant’anni. Cambierà il clima, si dirà, ma forse stiamo cambiando anche noi, visto che Venezia, negli ultimi decenni, non è stata curata esattamente con la stessa attenzione che le hanno riservato i veneziani nei secoli e nei millenni precedenti. Va però detto che i veneziani di oggi, in questi giorni, si sono superati. Lavorando giorno e notte, mettendosi a disposizione di chi stava peggio di loro, facendo i salti mortali per non lasciare in ginocchio questa città che resta una delle più belle del mondo. Sono ancora tante le persone che amano Venezia ogni giorno - e non quando la “visitano” in poche ore, una volta nella vita - ed è da quelle persone, da quell’orgoglio, da quella voglia di rinascere che bisogna ripartire. Devo dirle che conta poco l’elenco di nomi che lei vorrebbe. È la politica, che decide le gare e assegna gli appalti, ad essere sul banco degli imputati. Ed è la buona politica che deve far ripartire - come ha già cercato di fare dopo l’inchiesta che ha portato in carcere nel 2014 35 persone (cento gli indagati) - questo e altri progetti. L’importante è che il Modulo sperimentale elettromeccanico (da cui deriva l’acronimo Mose, con un chiaro riferimento a Mosè) si porti a termine e che si tenga estremamente pulita e controllata quella parte invisibile di Venezia (a cominciare dalle caditoie) che può far la differenza in situazioni drammatiche come queste. Stiamo comunque vicini a Venezia. Aiutiamola come possiamo. Perché parliamo di un pezzo di noi, del nostro Paese, dei nostri libri, della nostra storia, della nostra bellezza, della nostra arte, della nostra vita.

a.faustini@ladige.it

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