Gimondi era un grande Anche più di Bartali

La lettera al direttore

Gimondi era un grande, anche più di Bartali

Egregio Faustini, sono ancora tanti i ricordi, gli articoli e le testimonianze su Felice Gimondi, atleta tra i più forti di tutti i tempi, recentemente scomparso. La stragrande maggioranza degli osservatori ha evidenziato lo spessore umano oltreché quello sportivo di Gimondi: parlando di Gimondi, in effetti e per quanto possa sembrare strano, è difficile dire se sia stato più grande il campione o l’uomo.

Ma se non vi sono dubbi sulla grandezza di Gimondi, ve ne sono però sulla sua posizione tra i ciclisti di tutti i tempi, italiani e non. Non è mai bello stilare classifiche quando si parla di campioni di quel calibro, dovrebbe essere sufficiente la soddisfazione (per l’Italia, in questo caso) di averli avuti, tuttavia credo sia corretto riconoscerne la grandezza anche al costo di doverli, sportivamente, “collocare”. C’è chi ha messo Gimondi dopo Coppi e Bartali. Io credo che Gimondi venga dopo Coppi, ma prima di Bartali. Provo a spiegare perché.

Le più grandi corse a tappe sono considerate il Tour, il Giro e la Vuelta: Gimondi le ha vinte tutte e tre, Bartali non ha mai vinto la Vuelta (o Giro di Spagna). Gimondi ha inoltre vinto la Parigi Roubaix, comunemente considerata la “regina delle classiche”, Bartali non l’ha mai vinta. Ma ciò che mette Gimondi un gradino sopra Bartali è il fatto di avere vinto il Mondiale di ciclismo (nel 1973 battendo Merckx!); anche in questo caso Bartali non ha mai vinto il Mondiale. Insomma, Gimondi è stato un corridore completo, forte su tutti i terreni, longevo (agonisticamente quasi quanto Bartali e Coppi, ma più di Merckx) che a parere di chi scrive è da collocare un gradino sopra Bartali.

Noi italiani risentiamo del condizionamento psicologico dei tempi di Coppi e Bartali, quando l’Italia aveva, da sola, i due più forti ciclisti al mondo; siamo in parte rimasti legati a quel periodo d’oro del ciclismo italiano, a tal punto che non riusciamo più a scindere Coppi da Bartali e viceversa, tuttavia, usando un po’ di razionalità e affidandoci ai numeri (che non mentono mai), dobbiamo riconoscere il posto di Gimondi. Gli stessi numeri, se mi è permesso, ci dicono che il più forte di tutti i tempi è stato Merchx seguito da Coppi, poi viene Hinault seguito da Gimondi, e al quinto posto ex equo vengono Bartali e Anquetil. Gimondi secondo degli italiani e quarto di tutti i tempi, dunque. Non ho inserito Alfredo Binda, che merita un discorso a parte poiché ciclista negli anni Venti e Trenta, quando tutto era veramente diverso.

Fa piacere constatare che nel ciclismo l’Italia, da sempre, primeggia e che tra i primi dieci ciclisti di sempre potrebbe trovare posto anche Francesco Moser. Infine una considerazione su Vincenzo Nibali, nostro grande ciclista ancora in attività: Nibali ha vinto i tre grandi giri e ha vinto grandi classiche (Sanremo e Lombardia): se dovesse riuscire a vincere il mondiale, sarebbe da considerare anche lui uno dei più forti ciclisti di tutti i tempi, anche se in parte lo è già.

Mario Usala


 

Per sempre fra i più grandi della storia

È sempre difficile mettere uno accanto all’altro campioni di epoche e stagioni diverse. Lo è per mille ragioni, ma nel caso specifico lo è per una, soprattutto. Senza la seconda guerra mondiale Bartali - che in guerra ha fra l’altro salvato un sacco di persone nascondendo documenti nell’”anima” della sua bici - probabilmente avrebbe vinto molto ma molto di più. Quando s’è rimesso in sella ha dovuto fare i conti con un astro nascente di nome Fausto Coppi. Mi riesce poi difficile paragonare quel ciclismo a quello di Gimondi - già moderno per molte ragioni - e a quello di Moser, per non dire di Nibali.

Mi piace pensare che Gimondi sia stato il più grande del suo tempo - insieme a Merckx - e mi piace pensare che sia stato in un certo senso il collante fra due epoche: quella di Coppi e Bartali e quella di Moser e Saronni.

Infine, va aggiunto il fattore tifo: ognuno ha le sue preferenze e accanto ai dati oggettivi ci sono quelli del cuore. Dati che meritano uguale rispetto: perché il cuore degli sportivi sa essere anche obiettivo. Infine ci sono gli aspetti umani, che a volte ci fanno amare un ciclista più di un altro. Gimondi era ruvido, di poche parole. Sceso dalla sella per ritirarsi, chiese scusa a molti gregari per come li aveva trattati. Ma lo perdonarono tutti, perché era un grande. E all’esterno gli spigoli del suo carattere non erano poi così noti. Insomma: ognuno di noi ha la sua classifica del cuore.

Una classifica che magari cambia, in base alle epoche appunto e a ciò che noi abbiamo vissuto in quei giorni.
Le faccio un esempio: per me Gimondi è il Bondone. Il mio cuore bambino che si riempie di emozione quando lo vedo apparire fra i tornanti, la mia delusione quando vedo che Merckx va più forte. Ebbene, quel ricordo - anche ora, mentre le sto raccontando quell’antico episodio - ha un valore del quale la mia personalissima classifica non può non tener conto. Tutti concordiamo però su un fatto: Gimondi fra i più grandi della storia un posto lo avrà sempre.

a.faustini@ladige.it

comments powered by Disqus