I tanti errori di Matteo Salvini

I tanti errori di Matteo Salvini

Gentile direttore,
il 20 agosto, nel Senato della Repubblica Italiana, abbiamo potuto assistere alle dimissioni del Presidente del Consiglio professor Giuseppe Conte.Esito scontato, si è soliti dire, ma con interventi, soprattutto dai membri, o ex membri, ancora non si sa, dell’esecutivo che a tratti sembravano più consoni ai rappresentanti dell’opposizione. Senza pretendere di voler comprendere la logica di tutti, soprassedendo su quello del prof. Conte, trovo i venti minuti dell’onorevole Salvini piuttosto generici. Nel suo intervento, spesso faceva riferimento a “uomini liberi”.

Vede, onorevole Salvini, la libertà, a meno che non la si voglia ridurre ad un “faccio come mi pare”, è un’accettazione piena di responsabilità. Quindi scaricare i problemi italici su non ben identificati comportamenti del Presidente Macron o della Cancelliera Merkel lo trovo piuttosto scorretto. L’Italia non trova medici specialisti per i suoi criteri di selezione, non per un’Europa cattiva e cospiratrice nei nostri confronti. Le faccio inoltre presente che questi problemi cominciarono a palesarsi non certo negli ultimi anni, quelli che, per comodità propagandistica, si definiscono dell’austerity, e mi permetto di ricordare che il Suo partito è alla quarta esperienza di governo.

Ha fatto poi riferimento ad una manovra coraggiosa da 50 miliardi di euro, senza tra l’altro specificare come trovarli. Una manovra “espansiva”, quindi a debito, non è coraggiosa, ma una comoda scorciatoia per calamitare consenso.

Certo nessuno deve credere a me, ma la cosa può essere ben spiegata dai membri del gruppo di cui fa parte la Lega nel Parlamento Europeo, non certo noti amici della spesa pubblica disinvolta, o anche dall’amico (o ex amico) Orban, che all’indomani delle votazioni europee, nella sostanza destinò un “bacioni” alla Lega senza troppo voltarsi.

Non poteva poi mancare un accenno alla difesa dei confini, autentico marchio di fabbrica. Anche volendo dimenticare, cosa che riesce piuttosto facile, che il trattato di Dublino fu sottoscritto dal governo Berlusconi, sostenuto dalla Lega, oltre che da qualche ex missino, transfugo in altre formazioni politiche, risulta inspiegabile come proprio l’on. Salvini abbia molto spesso deciso di defezionare riunioni dei ministri dell’interno europei per modificare il trattato stesso. Ma come scritto all’inizio è impossibili capire la logica di tutti.

Anche il passaggio su «l’Italia reale» e i 60 milioni di Italiani mi è parso piuttosto fiacco. Pur volendo trascurare il fatto che 60 milioni sono i residenti e gli Italiani sono poco più di 55 milioni, errore comunque non veniale per un ministro degli interni, soprattutto in ragione di rapporti ondivaghi con gli stranieri da parte del ministro stesso, mi farebbe piacere sapere, anche con una percentuale non troppo accurata, quanti dei redditi del ministro stesso derivino dall’appartenenza ad una segreteria di partito piuttosto che da una qualsiasi attività lavorativa tanto diffusa nell’Italia “reale”.

Infine abbiamo il passaggio sul suo credo religioso di cui non si vergogna (ci mancherebbe altro) o di cui va fiero, non ricordo l’espressione precisa. Non essendo religioso cercherò di non offendere il credo di nessuno, nel caso mi scuso preventivamente. Mi pare comunque di ricordare che proprio Gesù Cristo, che aveva un rapporto piuttosto di diretto con il Cuore Immacolato di Maria, spesso evocato, dicesse che era opportuno dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, mi pare quindi che volesse evitare strani “mischioni”.

Mi pare inoltre che lasciò un comandamento nuovo “amatevi l’un l’altro come Io ho amato voi”. Sarei curioso di sapere dall’on. Salvini come questo si concili con l’intonazione di un motivetto che iniziava con “senti che puzza…”, o con altre esternazioni rivolte ai cittadini del sud circa la loro attitudine al lavoro, qual era il termine preciso, non di derivazione francescana, che usava per identificarli.

Degasperi in primis non faceva mistero della sua fede, ma oltre a viverla con più pudore e senza ostentazioni, brandendo un rosario per esempio, teneva ben distinti il piano spirituale da quello dell’uomo di Stato.
Tralascerò per pietas l’accenno a Giovanni Paolo II circa la fiducia, visto che sul fronte sfiducia prima proposta e poi ritirata siamo ancora in lato mare.

Luca Frizzera


 

La fede si vive, non si usa come uno spot

Le rispondo io o aspetta - magari via social - la risposta del ministro? Scrivo ministro, perché Matteo Salvini, come noto, non ha intenzione di dimettersi, anche se presto - salvo sorprese - ci sarà ovviamente un’altra persona all’Interno. Io posso solo dirle che in tanti anni non avevo mai visto uno spettacolo così deprimente in Senato (o alla Camera). Martedì pomeriggio, il presidente del consiglio Conte è sembrato un gigante. Ma fra noi dobbiamo pur dirci che è il contesto che ha fatto sembrare, il suo, il discorso di uno statista. Gli statisti non parlano infatti a un singolo ministro mettendogli la mano sulla spalla (con quello che, per tutta risposta, fa gesti da cartoni animati), ma si rivolgono, con ben altri toni, a un intero Paese. Fra l’altro lo fanno senza criticare ciò che fino al giorno prima, seppur a malincuore (sempre?), s’è appoggiato. Aggiungo solo una cosa: martedì, in Senato, Salvini ha parlato ai suoi. Intesi come sodali di movimento, ma anche e soprattutto come (potenziali) elettori. La semplicità e la genericità del discorso sono dunque un po’ frutto dell’improvvisazione e un po’ frutto invece di una attenta strategia. Lui infatti vuole che si vada a votare subito e parla già a chi potrebbe votarlo, non certo a parlamentari che si stanno organizzando viceversa per costruire - su indicazione del presidente della Repubblica - un governo che abbia un’unica certezza: l’assenza di Salvini. Sull’uso della fede e dei simboli religiosi mi lasci stendere un velo pietoso: la fede non si ostenta, non si esibisce; si vive, si testimonia, si riempie di contenuti in silenzio, ogni giorno; non si grida come se fosse uno spot su un palco o tutte le volte che le telecamere sono accese.

a.faustini@ladige.it

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