Ioppi: ospedali a rischio «Pericoloso restare senza primari»

di Angelo Conte

La mancanza di 18 primari nella sanità è una «cosa grave». E l'ipotesi di attendere per inserire personale legato alla nuova facoltà di Medicina «rischia di creare una frattura con i medici ospedalieri e di essere letto come una na mancanza di fiducia e stima in quei professionisti che oggi assicurano un servizio e aspirerebbero a un posto di primario». Marco Ioppi, presidente dell'Ordine dei medici trentini è netto. La notizia che ci sono 18 figure apicali mancanti non lo lascia tranquillo.

Da parte sua, il dirigente del Dipartimento della sanità Giancarlo Ruscitti getta acqua sul fuoco: «Per una decina delle figure in tre-4 mesi risolveremo queste situazioni, i concorsi sono stati avviati e le selezioni sono in corso. Per gli altri fino a che non vanno in pensione non si può bandire il concorso, e con i cambiamenti imposti dalla pandemia, altri colleghi più anziani hanno deciso coraggiosamente di non andare in pensione e di restare fino a fine pandemia. Aggiungo che c'è una riorganizzazione che ci ha imposto una riflessione su alcune posizioni».

Da parte di Ioppi si spiega che «è pericoloso trascinare concorsi in reparti che sono giudicati strategici, non solo perché sono reparti del Santa Chiara, ma perché da essi dipende il buon funzionamento della rete ospedaliera periferica. Non va bene neppure dare incarichi di facente funzione, perché l'autorevolezza di chi ha tale incarico si riduce rispetto a una nomina definitiva. Andare a sostituire i primari con figure universitarie significherebbe una frattura rispetto ai medici ospedalieri».

Anche dalla politica trentina si levano voci che chiedono di risolvere il problema dei primariati scoperti. Per Paola Demagri, consigliera del Patt, «occorre evitare posti a scavalco perché anche in ospedali di valle servono professioalità per rendere peculiare quell'ospedale». E inoltre occorre «dare ai clinici la parte decisionale che è stata concentrata solo sulla direzione generale dell'Azienda sanitaria e i clinici subiscono le decisioni. Dobbiamo sempre ricordare che ci cura sono i clinici, mentre gli amministrativi devono essere loro di supporto. Se non si cambia la prospettiva, altri medici potrebbero andare via. A mio parere, la domanda che si deve fare la giunta è: i professionisti che abbiamo qui sono validi anche per riprogrammare il sistema sanitario? Io penso di sì. Se la giunta li coinvolge sui processi decisionali, allora è probabile che restino. Io leggo l'assenza dei 18 primari come una volontà di non voler coinvolgere i clinici».

Claudio Cia di Fdi si dice sorpreso della mancata sostituzione dei primari: «L'impressione è che si rincorrano le emergenze, ma sui posti vacanti più che alla politica occorre chiederlo alla dirigenza sanitaria,.non penso debba essere la Segnana a fare i bandi. Io dico: certo c'è l'emergenza Covid, ma mi domando perché l'Azienda sanitaria scopre che mancano tutti questi primari e non si è ancora provveduto a sostituirli. La cosa che ci può rassicurare è che nelle varie unità ci sono i viceprimari che possono supplire a questa mancanza. Non è compito dell'assessore Segnana occuparsi delle sostituzioni, ma credo che questo spetti all'Apss e ciò dimostra una disorganizzazione sugli avvicendamenti che va risolta».

Per Sara Ferrari capogruppo del Pd in Consiglio provinciale «manca un disegno organico della sanità e manca un disegno sui singoli settori che dovrebbero essere frutto di un progetto complessivo. Noi abbiamo chiesto in aula la commissione di indagine che partiva dai dati Covid e un lavoro collettivo per andare a individuare le situazioni di fragilità del sistema sanitario. Ci chiediamo perché un tale sistema certificato come di eccellenza abbia mostrato delle falle di fronte a un evento come il Covid. Se si vuole fare una una riorganizzazione, prima occorre partire dall'analisi di ombre e luci del sistema sanitario trentino. Noi invitiamo ad approfittare della crisi per rilanciare qualcosa di nuovo e siamo disponibili a un dialogo con la maggioranza per fare delle cose insieme».

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