Mortalità a Trento: dicembre +109%, uno dei peggiori dati d'Italia (dove invece i decessi sono in calo)

di Matteo Lunelli

Il dicembre nero del Covid in Trentino si traduce in un numero: nel comune di Trento l’eccesso di mortalità è salito al 109%, la seconda percentuale più alta in Italia dopo Verona (142%). E, purtroppo, si tratta di una percentuale in crescita: a ottobre 36% in più, a novembre 96% e, appunto, a dicembre 109%. Il tutto mentre negli altri comuni italiani si registrava un deciso calo.

I dati emergono dal rapporto elaborato dal Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, pubblicato dal Ministero della Salute e che aggiorna i numeri del 2020 fino al 29 dicembre scorso.

Nel dettaglio le tabelle che riguardano il comune di Trento, e quindi non tutto il Trentino, mostrano una situazione decisamente critica. In ottobre i decessi attesi erano 73, stando alle medie dei cinque anni precedenti, ma ce ne sono stati 99. A novembre si è passati da 74 attesi a praticamente il doppio, ovvero 145, mentre il picco è stato appunto a dicembre (in realtà dall’1 al 29, quindi il totale potrebbe essere leggermente maggiore), con 157 vittime a fronte delle 75 attese. Il totale in tre mesi è stato di 318 vittime a fronte di un numero teorico di 157. Nello studio del ministero sono registrate anche le fasce d’età: si sono spente 21 persone entro i 64 anni, 25 tra i 65 e i 74, 93 tra i 75 e gli 84 e 179 over 85.

Se a livello nazionale a dicembre si è registrato un calo dell’eccesso di mortalità, Trento va purtroppo in controtendenza. A differenza, ad esempio, del comune di Bolzano, dove il picco è stato raggiunto a novembre (+129%) per poi scendere a dicembre (56%). Nel capoluogo altoatesino, dopo un ottobre simile a quello trentino (105 decessi osservati su 80 attesi, 31%) e un novembre appunto da incubo (181 vittime su 79 attese), lo scorso mese il calo è stato importante, con la percentuale al 56% (137 morti su 88 attesi).

Anche a livello nazionale l’andamento è simile a quello altoatesino: +23% di mortalità ad ottobre, +74% a novembre e +38% a dicembre. Cosa è successo, quindi, a Trento? O, meglio, cosa non è successo? Da una prima analisi emerge che le città dove ci sono state maggiori restrizioni, ovvero zona arancione o rossa, hanno avuto un calo dell’eccesso di mortalità. Bolzano, ad esempio, è stata zona rossa per praticamente tutto il mese di novembre, con gli effetti sui decessi che si sono visti il mese successivo (come detto da un +129% a un +56%). Non avremo mai una risposta sicura, ma se Bolzano fosse rimasta in giallo forse la percentuale non sarebbe scesa e in Alto Adige si piangerebbero - circa - una cinquantina di persone in più.

Anche l’ex rettore Davide Bassi, nel suo popolarissimo blog, indica le restrizioni come chiave di lettura dei numeri: «A dicembre solamente tre città venete - Verona, Padova e Venezia - e Trento hanno un andamento opposto al resto d’Italia, con la mortalità aumentata. Veneto e Trentino, lo ricordo, erano gli unici territori del nord rimasti sempre zona gialla. Anche questi dati ci confermano che per limitare la circolazione del virus (ed i conseguenti decessi) bisogna ridurre la mobilità delle persone. Come ormai riconosciuto da molti esperti le zone gialle sono servite a ben poco (solo pesanti danni economici, con limitati vantaggi per la salute pubblica).

Una domanda sorge spontanea: sappiamo come ha fatto il Trentino a rimanere zona gialla malgrado gli elevati livelli di circolazione del virus osservati a partire da novembre. Qualcuno sarà mai chiamato a rispondere di queste scelte?».

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