Agitu, la verità dall'autopsia Suleiman in cella: "Voglio morire" dalla confessione particolari efferati

Lo aveva accolto nella sua casa dandogli lavoro ed un tetto, lei che da Addis Abeba, dove era tornata dopo gli studi in sociologia a Trento, era dovuta fuggire nel 2010 per un mandato di cattura dopo essersi opposta alla sottrazione delle terre agli agricoltori da parte delle multinazionali. Lavoravano insieme da tempo. Si fidava di lui, al punto che dopo una prima esperienza la scorsa estate lo aveva richiamato, da metà ottobre, nella casa di Frassilongo, in Valle dei Mocheni, dove Agitu Ideo Gudeta, imprenditrice etiope di 42 anni (ne avrebbe compiuti 43 tra pochi giorni) viveva e aveva costruito da zero un’azienda agricola e un allevamento di capre, «La capra felice».

Agitu aveva anche aperto un negozio a Trento e pensava ad un agriturismo per la prossima primavera. Una fiducia spezzata dalla violenza cieca per una mensilità non corrisposta, come ha raccontato lo stesso Adams Suleiman, 32 anni, ghanese, confessando di aver ucciso la donna al pm Giovanni Benelli e ai carabinieri che lo hanno fermato nelle vicinanze della casa - di cui aveva le chiavi e dove vive al piano terra - in una stalla, nella quale si era rifugiato dopo essersi cambiato la giacca sporca di sangue.

L’uomo, difeso dall’avvocato Fulvio Carlin, si trova ora in carcere a Spini di Gardolo. Ha espresso pentimento e «grande dolore» per il gesto compiuto. Durante l’interrogatorio avrebbe anche detto di voler morire. L’uomo ha raccontato agli inquirenti di aver discusso con Agitu, poi di aver recuperato un martello in una stanza vicina alla camera da letto e quindi di aver colpito la donna 4 o 5 volte alla testa.

In merito alla presunta violenza sessuale avvenuta dopo l’aggressione, quando la donna era agonizzante, saranno solo i risultati dell’autopsia e gli esami tecnici - è stato specificato - a fornire al pubblico ministero, nei prossimi giorni, gli elementi per un quadro più chiaro e per procedere ad eventuali ulteriori contestazioni. Altro atto istruttorio è l’interrogatorio di garanzia dell’arrestato, previsto probabilmente per il 2 gennaio prossimo.

L’omicidio sarebbe avvenuto prima delle 8 di martedì mattina ma la scoperta del corpo è avvenuta verso le 17.30 da parte dei vicini di casa che erano stati chiamati da un conoscente della vittima, preoccupato perché lei aveva mancato ad un appuntamento. I vicini, che conoscono bene la casa, hanno bussato alla sua porta e poi, sempre più preoccupati, sono entrati. Il corpo di Agi, come la povera vittima veniva chiamata amichevolmente non solo in paese, era riverso sul pavimento della camera da letto.

In un primo momento i carabinieri avevano anche ascoltato un uomo, residente nella Valle dei Mocheni, che era stato denunciato da Agitu nel 2018 e poi condannato per lesioni (e non per stalking finalizzato alla discriminazione razziale, come aveva chiesto l’accusa), ma è stato giudicato estraneo ai fatti.

L’omicidio di Agitu Ideo Gudeta ha destato grande commozione, non solo in Trentino, con tante manifestazioni di cordoglio sia da parte delle istituzioni - il presidente della Provincia Fugatti, il sindaco di Trento Franco Ianeselli, il procuratore Sandro Raimondi - che della politica. Ma soprattutto da parte delle persone che la conoscevano perché avevano letto e saputo della sua storia di coraggio e determinazione. Agitu era diventata un simbolo dell’integrazione ma anche dell’imprenditoria e aveva ricevuto premi e riconoscimenti.

Altri la conoscevano perché acquistavano i suoi prodotti al mercato contadino in piazza Santa Maria o nel suo negozio di piazza Venezia, dove ieri molti hanno deposto fiori e si sono fermati in raccoglimento, come davanti alla porta della casa a Frassilongo. Una camminata con le candele a cui hanno partecipato circa 300 persone è stata organizzata nel pomeriggio a Trento per ricordare Agitu.

«Dormiva 4 ore per notte: si svegliava all’alba per mungere, poi c’erano i mercati, i due negozi che aveva aperto. Tante, troppe cose. Eppure aveva sempre un pensiero per tutti, ti stava vicino», racconta un amico di lungo corso di Trento.

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