Eva e il grande sforzo per una nascita sicura

di Patrizia Todesco

Tutto è rallentato, sospeso, se possibile rimandato. Ma c'è qualcosa che non può attendere: è la nascita di un bambino. Covid o no Covid al S. Chiara in questo anno terribile dal punto di vista sanitario i bambini hanno continuato a venire al mondo. Anzi, qui nell'ultimo mese sono stati convogliati anche i parti di Cles e Cavalese. Eva è nata mercoledì scorso ed è l'esempio di come, grazie alla collaborazione tra più reparti, anche i piccoli ai quali già nella pancia della mamma viene diagnosticato qualche problema, possono nascere in sicurezza e trovare in ospedale le cure più adeguate. 

Dina Tarita, 39 anni, di origine moldave ma da parecchi anni in Trentino, era alla fine della sua quarta gravidanza quando alcune settimane fa la ginecologa che l'ha seguita ha ravvisato un problema cardiaco nella bimba che lei portava in grembo. Una piccola malformazione per la quale mamma e piccola dovevano essere attentamente monitorate.
«Mi hanno spiegato che c'era un problema ad un dotto del cuore, che forse si chiuderà da solo, altrimenti ci sarà bisogno di un intervento a Padova, ma che comunque era importante che il parto avvenisse in sicurezza», spiega la donna che è ancora ricoverata in ospedale insieme alla piccola.

Così, nei giorni precedenti al parto, è stato pre allertato anche il 118 in modo che se la donna avesse avuto bisogno di un trasporto urgente al S. Chiara dalla sua casa di Rovereto fino a Trento il personale fosse informato della problematica e delle procedure da mettere in atto. «In realtà poi le contrazioni sono iniziate la sera, quando mio marito era a casa, e così siamo potuti venire tranquillamente all'ospedale da soli senza problemi. Non abbiamo atteso molto perché il penultimo parto era stato molto veloce ed era importante che la piccola nascesse in ospedale». E così è stato. La piccola ha emesso il suo primo vagito poche ore dopo l'inizio del travaglio e le sono state riservate tutte le cure del caso. «Mio marito ha potuto assistere al parto e poi anche gli altri fratelli l'hanno vista attraverso il telefono. Purtroppo in questo periodo di Covid non sono permesse visite ma va bene così». Per quanto riguarda la preoccupazione dopo la diagnosi del problema cardiaco alla bambina, Dina si dimostra estremamente saggia. «Mi sono informata su internet sulla patologia e poi ho capito che preoccuparmi in anticipo non avrebbe portato niente. Questo dotto può chiudersi da solo, con i farmaci o con un intervento e l'unica cosa che potevo fare io era stare tranquilla anche per il bene della bambina che avevo in grembo. E poi sapevo di essere in buone mani». Dina ha parole riconoscenza nei confronti delle ostetriche, delle infermiere, dei medici e di tutto il personale che l'hanno assistita durante il parto e in questi giorni in cui lei e la piccola sono ancora ricoverate. «Il messaggio che voglio dare alle mamme è quello di ascoltare quello che dicono le ostetriche, di seguire i loro consigli che alla fine risultano sempre vincenti. Il mio travaglio era difficile perché, soprattutto alla fine, dovevo avere la forza di spingere per non affaticare troppo la piccola e, seguendo i consigli che mi davano, è andato tutto bene. Ora mi aspettano tutti a casa. Ho una figlia più grande di 16 anni, un maschio di 9 e un'altra bambina di 4. Quando hanno visto Eva grazie ad una videochiamata mi hanno detto che è bellissima», dice orgogliosa la donna che ovviamente ora non vedo l'ora di essere dimessa.

Nel corso del 2020 al S. Chiara, fino a mercoledì, sono stati registrati 2.317 parti, 13 in più dello scorso anno. Un dato che non deve far pensare ad un aumento di nascite. Semplicemente quest'anno, la chiusura avvenuta sia in primavera che adesso delle sale parto di Cles e Cavalese, ha portato ad un aumento del lavoro a Trento, compensato comunque da un calo generalizzato delle nascite. «Certamente anche per noi è diverso lavorare in questo periodo - spiega la coordinatrice delle ostetriche Barbara Burlon - perché dobbiamo cercare di far superare alle mamme paure e diffidenze nei confronti dell'ospedale. Abbiamo ripreso gli incontri "nascere al S. Chiara" via meet e già in queste occasioni riusciamo a rispondere a molte domande, vedono le ostetriche, possono comunicare con loro. Poi comunque il papà può essere presente al parto e fino al bagnetto del bambino». Per garantire la massima sicurezza a tutte mamme viene effettuato il tampone alla 39 esima settimane e comunque sono vietate tutte le visite di parenti, papà compreso, all'interno del reparto. «Nella maggior parte dei casi si tratta comunque di degenze minime e cerchiamo di fare in modo che le mamme possano tornare a casa 48 ore dopo il parto. Poi vengono attivati i servizi sul territorio e così le ostetriche possono continuare a seguire le neo mamme a casa».

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