Tutto il mondo piange Maradona, Napoli in lutto Il rivoluzionario del calcio, un genio inimitabile

Il mondo intero piange Maradona, il genio del calcio, il talento unico capace di inventare in campo l'imprevedibile e di sorprendere tutti, specie difensori e portieri avversari.

La salma sarà esposta in camera ardente nel palazzo presidenziale della Casa Rosada di Buenos Aires per tre giorni, da domani fino a sabato. In questo modo, il pubblico potrà rendere omaggio alla leggenda del calcio.

Un cuore grande, capace di segnare la sua esistenza con l'impegno sociale e politico, anche ui con l'originalità e la stravaganza che caratterizzava l'artista del calcio e l'uomo, con la sua grandezza e le sue debolezze.

Il culto rivoluzionario del Che, raccolto in quel tatuaggio ma soprattutto in molti comportamenti scomodi e contro il potere; il mito rivoluzionario del calcio prima e dopo Maradona.

El Pibe de oro, il rivoluzionario, in campo e fuori. Dalla parte dei deboli, contro i potenti arroganti e violenti. A Napoli era diventato anche il simbolo del riscatto di una città, del Sud, degli ultimi.

Il ragazzo povero di periferia che, a modo suo, non aveva mai sbiadito la sua consapevolezza e sensibilità sulle cose del mondo, sulla sofferenza degli oppressi.

Quasi una religione sportiva, ben riassunta in quella "mano de dios" utilizzata per battezzare lo storico gol beffa ai mondiali del 1986 contro la detestata Gran Bretagna della guerra thatcheriana delle Falkland.

Maradona che nella sua vita aveva percorso spesso il crinale del limite. In passato era già drammaticamente arrivato vicino alla fine, salvato dopo crisi legate anche agli abusi autodistruttivi di sostanze stupefacenti.

Tre settimane fa, una delicata oiperazione chirurgica al cervello.

Aveva solo 60 anni, Diego Armando Maradona, morto ieri in seguito a una crisi cardio-respiratoria, ma si portava dietro e dentro tante esistenze: la più florida nel suo passaggio indimenticabile a Napoli e al Napoli, dove arriva nel 1984 senza di fatto mai andare via.

Perché ai piedi del Vesuvio Maradona è davvero un dio, è lì che nasce la sua leggenda e non solo per lo scudetto conquistato, il primo degli azzurri, sotto la regia di Ottavio Bianchi. Nemmeno la positività alla cocaina che nel 1991 interrompe l’avventura in Italia segnando l’inizio della fine del campione genio e sregolatezza ha mai intaccato l’amore che Napoli ha per l’argentino.

La città sotto choc ora piange, gli intitolerà lo stadio, quel San Paolo da cui il numero dieci ha fatto decollare un popolo intero.

Ieri sera si sono susseguite le manifestazioni di cordoglio a Napoli, anche nelel vie e le piazze che avevano visto il campione in simbiosi con quella che era diventata la sua città.

Amori, odi, successi, cadute e quella rivalità sul ‘più grande di semprè per la quale lo scontro con Pelè ha negli anni assunto la forma dell’epos. Col brasiliano la pace, anche in occasione dei compleanni (80 Ò Rei, 60 El Pibe a distanza di pochi giorni) e lo scambio di auguri. «Un giorno, spero, giocheremo insieme a calcio in cielo - l’omaggio di Pelé - Una notizia triste, ho perso un caro amico, e il mondo ha perso una leggenda».

«Di gran lunga il più grande giocatore della mia generazione e, verosimilmente, il più grande di tutti i tempi» dice Gary Linker, leggenda del calcio inglese che di Maradona fu avversario nella sfida con l’Argentina dei mondiali del 1986 segnata dal gol che il Pibe de Oro accreditò alla ‘mano de Dios’, prima di vincere il titolo praticamente da solo in finale con la Germania Ovest. Altra pagina di un romanzo che il 10 ha scritto dentro, ma anche fuori dal campo. Fatto di passioni, divorzi, figli e battaglie per riconoscerli (oppure no): di droga, depressione, perché tante volte aveva lasciato intendere che vivere nel mito di se stessi può essere un peso insopportabile. Era lo ‘sgorbio divinò per Gianni Brera, perché quell’aurea di immortalità Diego se l’era conquistata in vita.

«È il nostro passato che se ne va» l’omaggio di Michel Platini, altro abitante dell’Olimpo del pallone. Pure il connazionale Leo Messi, il mito attuale, altro dieci di talento puro intreccia il filo dell’immortalità: «Ci lascia, ma non se ne va. Diego è eterno». Eroe, meraviglia, mito: gli omaggi adesso si sprecano, ma erano gli stessi che la gente, la sua gente, gli ha sempre tributato in vita.

 

 

Tante vite, quasi sempre al limite: il Che tatuato e quel legame con la Cuba di Fidel, Chavez, la simpatia per il Papa connazionale. Perché Maradona è un pezzo unico. Sui campi saranno osservati minuti di silenzio. I ricordi, le celebrazioni riempiranno strade, cinema, libri: verranno intitolate piazze, dedicati premi. Il regista premio Oscar Paolo Sorrentino racchiude meglio di tutti l’essenza di cosa sarà in futuro il mito Maradona: «Diego non è morto, è andato in trasferta». E anche nell’anno più triste, vale una consolazione: anche fuori casa Maradona di prestazioni da fuoriclasse al mondo ne ha regalate tante.


Diego Armando Maradona era nato a Lanus il 30 ottobre 1960, quinto di otto figli. Cresciuto a Villa Fiorito, sin da bambino mostra tutto il suo talento al punto da finire appena a 10 anni sulle pagine del «Clarin».

Entra nel settore giovanile dell’Argentinos Juniors dove debutta nel massimo campionato il 20 ottobre 1976, dieci giorni prima di compiere 15 anni. Nel 1981 il passaggio al Boca Juniors ma già un anno dopo ecco l’arrivo in Europa: se lo assicura il Barcellona per 1,2 miliardi di pesetas.

Debutterà in blaugrana nell’agosto 1982 ma l’avventura in Catalogna è contrassegnata da vari problemi fisici e nell’estate del 1984 passa al Napoli per 13 miliardi e mezzo di lire.



Il Pibe de oro diventa un idolo del pubblico partenopeo: con lui arrivano due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa Uefa.
Maradona diventa il simbolo del calcio, un mito, l'esperesisone di una maestria superiore. Un artista del pallone.

La sua esperienza italiana si chiude il 17 marzo 1991, quando risulta positivo alla cocaina e viene squalificato un anno e mezzo.

Riparte dal Siviglia, poi Newell’s Old Boys e il ritorno al Boca Juniors fino al ritiro: la sua ultima partita è datata 25 ottobre 1997.

Con la nazionale argentina debutta nel febbraio del 1977, non viene convocato per i Mondiali che si giocano l’anno dopo proprio in patria ma disputa quelli del 1982 e soprattutto quelli del 1986, quando trascina la Seleccion al titolo: memorabile la sfida con l’Inghilterra dove prima segna un gol di mano («la mano de Dios» la ribattezzerà lui stesso) e poi una rete che verrà eletta come la più bella nella storia dei Mondiali in un sondaggio indetto dalla Fifa nel 2002.



Con la Seleccion arriva in finale anche a Italia ‘90, sconfitto dalla Germania, poi è presente a Usa ‘94 ma gioca appena due partite prima di essere squalificato perchè positivo all’efedrina. Proprio durante la squalifica intraprende la carriera di allenatore (Deportivo Mandiyu e Racing), che riprenderà molto più avanti, diventando ct della nazionale che guida ai Mondiali del 2010, fino all’eliminazione ai quarti. Allena anche l’Al Wasl a Dubai, l’Al-Fujairah negli Emirati e quindi il Dorados in Messico prima di accettare lo scorso anno la panchina del Gimnasia.

Una vita di eccessi, fra droga e alcol, Maradona si era liberato delle sue dipendenze grazie a lunghi soggiorni in centri di disintossicazione. Qualche giorno dopo il suo 60esimo compleanno è stato operato per rimuovere l’ematoma subdurale che gli era stato trovato nel lato sinistro della testa. Tornato a casa per proseguire il recupero, è stato stroncato da un arresto cardiaco.


Nel suo palmares con i club si ricordano 1 campionato argentino (Boca Juniors, 1981), 1 coppa del Re (Barcellona, 1982/83), 1 coppa di Lega spagnola (Barcellona, 1983), 1 supercoppa di Spagna (Barcellona, 1983), 2 campionati italiani (Napoli, 1986/87 e 1989/90), 1 coppa Italia (Napoli, 1986/87), 1 coppa Uefa (1988/89), 1 supercoppa di Lega (Napoli, 1990).

In nazionale A argentina conta 91 presenze con 34 reti, ed ha vinto i Mondiali 1986 e la coppa Franchi 1993, ma ha preso parte anche ai Mondiali 1982, 1990 e 1994, per 21 presenze ed 8 reti nella rassegna iridata. Nel 1994 fu trovato positivo al doping proprio durante i Mondiali: Argentina-Grecia 4-0 la gara incriminata.

È stato ct della selezione argentina dal 2008 al 2010. Successivamente è stato alla guida di Al-Wasl (2011-2012) e Fujairah  nel 2017-2018 (entrambi negli Emirati Arabi), della messicana Dorados (2018-2019) e infine era tornato in Argentina al Gimnasia La Plata.

In precedenza, sempre come allenatore, aveva avuto esperienze nel Deportivo Mandiyu (1993) e nel Racing Club Avellaneda (1995), ma senza avere successo. Direttore sportivo del Boca Juniors nel 2005, il nome di Maradona e' invece, senz'altro, legato ad una grande carriera da calciatore, dove ha vestito le maglie di Argentinos Juniors (dal 1976 al 1981), Boca Juniors (1981/82), Barcellona (dal 1982/83 al 1983/84), Napoli (dal 1984/85 al 1990/91), Siviglia (1992/93), Newell's Old Boys (1993/94), Boca Juniors (dal 1995 al 1997).

 

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