Covid, il personale sanitario trentino resta in attesa del premio Scarseggiano i fondi e la trattativa ristagna I sindacati chiedono uno scatto alla Provincia

Accordo ancora lontano. Per ora l'ormai famoso bonus per il personale sanitario in prima linea durante i mesi dell'emergenza (ma ovviamente anche adesso) resta sulla carta.

La prima tranche è stata emessa dalla Provincia con lo stipendio dello scorso maggio. Poi la promessa di un ulteriore contributo, a completamento del primo, che era stato comunque criticato con forza dai sindacati perché «poco equo e non discusso insieme a noi». Ma nulla. Nella busta paga di giugno, luglio, agosto e settembre nessuna piacevole sorpresa.

Ieri ennesimo tavolo di confronto. Da una parte i sindacati, con i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, dall'altra il numero uno del Dipartimento sanità Giancarlo Ruscitti. «Ci vuole più coraggio da parte della Provincia, le risorse sul piatto sono assolutamente insufficienti. Vorremmo colmare le lacune della prima tranche con un accordo dignitoso per tutti i lavoratori», spiega Beppe Pallanch della Cisl.
Sulla questione sono intervenuti anche Luigi Diaspro e Gianna Colle della Cgil, che sottolineano come occorra un compenso rispettoso dell'impegno e del rischio dei lavoratori di tutti i settori.

«Sulla seconda tranche del premio Covid, il Dipartimento Salute ha illustrato un'ipotesi che prevede la ripartizione delle risorse residue dal fondo complessivo di 15 milioni stanziati con la Legge provinciale 3 del 2020. Si tratta quindi di 7,7 milioni, rimasti dopo l'erogazione della prima tranche ai lavoratori, a diretto contatto Covid, individuati unilateralmente dalla Provincia. Questi 7,7 milioni sono dunque destinati ai soggetti non beneficiari nella prima fase. Il meccanismo prevede lo stanziamento di una somma per ciascuna sede datoriale - Apss, Apsp, Privato accreditato, Società cooperative sociali e attività di pulimento - con successiva contrattazione sindacale aziendale che potrà prevedere una somma forfettaria pro-capite tra 200 e 700 euro. L'ipotesi realizzerebbe una somma media pro-capite imponibile di circa 450-470 euro, tuttavia da diversificare secondo la gravosità dell'impegno, il rischio contagio, gli aumentati carichi di lavoro. Queste le premesse».

I due sindacalisti aggiungono: «Fermo restando l'apprezzamento per un tardivo riconoscimento del ruolo del sindacato quale parte fondamentale in tema di retribuzioni accessorie, è singolare che solo in questa fase si prevedano trattative sindacali sul premio Covid. Arrivare ora, con risorse che riteniamo insufficienti per il giusto riconoscimento del lavoro della vasta platea degli esclusi del primo turno, e dire al sindacato di "contrattare" minimi e massimi creando conflitti tra i lavoratori, ci pare un'operazione opportunistica, piuttosto che rispettosa delle prerogative sindacali. In ogni caso, rimaniamo in attesa di conoscere nel dettaglio l'ipotesi illustrata, considerando comunque insufficienti le risorse residue disponibili alla contrattazione».

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