Gianluca e Devis, novelli sacerdoti Oggi l'ordinazione in Duomo dell'insegnante e dell'ex poliziotto

di Luigi Oss Papot

Un sorriso tanto semplice quanto disarmante: è questo il biglietto da visita di Devis Bamhakl di Moena e Gianluca Leone di Pinzolo, entrambi 48 anni, che oggi pomeriggio alle 15 in cattedrale verranno ordinati sacerdoti dal vescovo Lauro.

Sono già due anni che la Chiesa di Trento non vede nuove ordinazioni: un evento che non si riproponeva dagli anni Ottanta, quando nel 1984 non vi furono ordinazioni e nel 1985 venne introdotto il sesto anno di studi di teologia, facendo slittare in avanti di dodici mesi il percorso verso il sacerdozio.

Queste vocazioni sono anche “mature”, frutto di un cammino di vita (Devis è stato vent’anni poliziotto, Gianluca impegnato nel sociale e insegnante di religione) che solo alla soglia dei quarant’anni ha portato a concretizzare il loro «sì» alla chiamata di Dio.

Con don Devis e don Gianluca sale a 6 il numero di preti ordinati dall’arcivescovo Lauro Tisi dall’inizio del suo episcopato (a fronte di 59 preti deceduti). Complessivamente, compresi i due novelli, sono 281 i sacerdoti diocesani attualmente in vita. La loro età media è di 72,3 anni.

Tornando ai due nuovi sacerdoti, entrambi proseguiranno il loro ministero là dove fino ad oggi sono stati diaconi: don Devis nelle parrocchie di Aldeno, Cimone e Garniga, don Gianluca a Cles e nell’unità pastorale Santo Spirito.


Gianluca Leone. Come è nata la sua vocazione?

«Lavorando nell’ambito del sociale, incontrando persone con fragilità, ho capito che si poteva donare molto, ma anche ricevere molto. Poi lavorando come insegnante di religione, anche dai ragazzi mi giungevano tanti interrogativi sulla vita. Ho fatto anche io questa scelta, in continuità col mio passato, mettendomi a disposizione della nostra Chiesa locale della quale mi sono sempre sentito parte, accudito ed accompagnato anche in questi giorni. La Chiesa è una grande famiglia nella quale ognuno può dare, donare. Cerchiamo tutti qualcosa di grande, che possiamo denominare Dio».

Qual è stata la "scintilla" che vi ha fatto rispondere "sì" alla chiamata vocazionale?

«Veniamo entrambi da un vissuto fatto di esperienze di lavoro e di volontariato: ho visto diverse situazioni in cui le persone si mettono in gioco concretizzando una propria vocazione al servizio degli altri. Lasciandomi interrogare dalle questioni che ponevano le persone che ho incontrato, è stato interessante vedere che Dio agiva in tutte queste situazioni, che è al nostro fianco. Siamo sale della terra, dice il Vangelo, per cui è importante sentire questo sapore che dà senso e significato alle mie e nostre giornate. È importante essere in tutti quei contesti di vita in cui incontrare le persone ed il loro vissuto, mettendosi a loro disposizione, facendo cogliere la bellezza dell’incontro con il Signore. La vocazione è una risposta, un sì a mettersi a disposizione degli altri nella Chiesa e per la Chiesa».


Come state vivendo questi giorni di attesa prima dell’ordinazione?

«È una gioia inesprimibile, particolare, difficile da spiegare. Dico un grande grazie a tutta la comunità che mi accompagna, a tutte quelle persone che si fanno vicine in vari modi con spontaneità, magari che anche da tempo non incontravo. La parola carità mi piace molto, declinata nel senso di amore verso il prossimo, amore che è circolo virtuoso nel quale inserirci, e con l’aiuto del Signore essere pienamente coinvolti in questo vortice».


 

Devis Bamhakl. Come è nata la sua vocazione?

«All’origine di questa scelta c’è sicuramente il mistero di una chiamata, che poi si concretizza in un percorso in cui una persona si lascia alle spalle quello che ha fatto prima. Mi ricordo ancora mia madre, quando le dissi la mia volontà, come rimase stupita.
Mi chiese se volevo proprio buttare via tutto quello che avevo fatto fino a quel momento. Ma io non ho buttato via nulla, il Signore non butta via nulla. È una trasformazione: tutto quello che è il mio passato viene convogliato ora. Porto con me il ringraziamento di tante persone, il dolore di alcuni, le perdite: tutto questo ha contribuito a creare in me questa decisione».

Qual è stata la “scintilla” che vi ha fatto rispondere “sì” alla chiamata vocazionale?

«È un percorso iniziato a 40 anni, quando sono uscito dalla Polizia dopo vent’anni di servizio. Mi ha colpito molto lavorare sugli incidenti, occupandomi di feriti, morti, stragi del sabato sera. Questo mi ha portato ad interrogarmi sul senso della vita. Raccogliere dalla strada ragazzi che avevano la mia età mi ha scosso, mi ha provocato: possibile che la vita fosse solo questo? È iniziata dunque una ricerca, prima interiore, concretizzatasi poi sempre di più fino al momento della scelta. Non c’è un momento preciso, ma ricordo un momento in cui una volante a Bolzano mi telefonò in centrale operativa per chiedermi un articolo del Codice della Strada; in quel momento stavo anche pregando la Liturgia delle Ore, e quando ho chiuso la telefonata ho visto questi due libri aperti sul tavolo. Ho detto: ecco, ci sono due strade che non riesco più a tenere insieme.
Feci un viaggio in Terra Santa, e dopo esser uscito dal Santo Sepolcro la giornata era splendida, serena, di luce. Lì ho capito ed ho detto: Signore, lascio tutto e ti seguo».

Come state vivendo questi giorni di attesa prima dell’ordinazione?

«Sono emozionato, felice, contentissimo. Spero di essere un testimone credibile e onesto della Parola di Dio. Penso a tutte quelle persone che mi hanno sostenuto con la preghiera, ai miei genitori, al mio papà che mi sostiene dal cielo e a mia mamma. La parola d’ordine del mio ministero vorrei che fosse misericordia, quella di Dio, non quella umana».

 

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