Virus, tanti lavoratori asintomatici ma positivi in isolamento senza poter lavorare da casa Allarme delle aziende: produttività a rischio

di Angelo Conte

Centinaia di lavoratori positivi ma asintomatici fuori gioco per le imprese. Numeri che potrebbero salire a migliaia in autunno-inverno col crescere dei contagi. Fuori gioco per le aziende, perché anche se senza sintomi, il dipendente se positivo non solo deve rimanere a casa in quarantena, ma non potrà neppure lavorare in smartworking da casa fino a che il tampone non tornerà negativo.

A confermarlo è l'assessore alla sanità della Provincia Stefania Segnana (Lega) che chiarisce come le norme prevedano proprio questo. Preoccupate le aziende e le associazioni di categoria che temono che questo porti a uno stop dell'attività produttiva e lavorativa simile a quanto visto durante il primo lockdown. «Bisogna distinguere tra il quarantenato perché a contatto del malato» che deve fare 14 giorni di quarantena «o il quarantenato positivo al covid. Il malato, se ha il certificato medico, non può lavorare neanche in telelavoro fino a quando non ha tampone negativo», sottolinea Segnana.

«Così si rischia di chiudere tutto di nuovo - sottolinea Marco Segatta , presidente degli Artigiani - credo che se uno non ha sintomi, possa tranquillamente lavorare». Gianni Bort, presidente di Confcommercio, si dice «perplesso rispetto alla decisione di non far lavorare chi è asintomatico. Cerchiamo, invece, una soluzione che tuteli la salute ma consideri anche le ragioni dell'economia».

«Per quanto riguarda i positivi asintomatici - afferma Roberto Busato, direttore generale di Confindustria Trento - la situazione non è ancora completamente chiara. Per questo serve un'indicazione definitiva da parte delle autorità sanitarie in modo tale che le aziende sappiano come si devono comportare. Ad oggi le norme prevedono che un asintomatico positivo abbia un certificato di malattia, con il quale rimane a casa e non può lavorare, e fino a qui siamo tutti d'accordo. Se però è evidente che non è malato, né gli viene prescritto dal medico il riposo, ha senso che non possa telelavorare? Questo è quanto chiedono le aziende, ma ci tengo a dirlo anche tanti lavoratori».

«Le imprese ci contattano anche e soprattutto per chiederci come comportarsi nel caso di lavoratori che siano stati a contatto con positivi sul posto di lavoro e che, nonostante siano negativi anche al secondo tampone, vengono messi in quarantena. Qui i numeri sono potenzialmente molto più alti: un chiarimento diffuso ieri da Confindustria precisa che in questo caso il telelavoro è previsto. Era questo il nostro auspicio: tenere fermi i lavoratori in quarantena potrebbe creare grossi problemi in particolare per le imprese più piccole, che rischierebbero di bloccarsi» sottolinea ancora Busato.

Anche il sindacato spiega di non sottovalutare la questione: «Il problema sussiste e potrebbe diventare ingestibile con l'auspicato aumento della capacità di testing da parte delle aziende sanitarie a livello locale - assicura Andrea Grosselli, segretario provinciale della Cgil trentina - La quarantena per lavoratori trovati positivi al Sars-Cov-2 è però oggi l'unico strumento scientificamente riconosciuto per ridurre il rischio che il contagio si diffonda nei luoghi di lavoro, minando così l'operatività delle aziende o addirittura portando a veri e propri mini lockdown che sarebbe esiziali per l'economia e l'occupazione. Per questo trovare un bilanciamento è oggi molto complicato. Una soluzione dovrebbe passare attraverso l'adozione di modelli più sofisticati di test che verifichino l'effettiva carica virale di chi risultasse positivo pur essendo asintomatico, o attraverso l'individuazione di prassi operative a livello nazionale, validate scientificamente, che riducano ragionevolmente i tempi di quarantena».

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