Petizione per le dimissioni di Sgarbi dalla presidenza del Mart: 19 mila firme, «è ammissibile»

L’Ufficio di presidenza del Consiglio provinciale di Trento ha deliberato questa mattina l’ammissibilità della petizione popolare «7/xvi», che chiede le dimissioni di Vittorio Sgarbi da presidente del Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart).

La petizione, riporta una nota, verrà assegnata alla Quinta commissione permanente del Consiglio provinciale per la trattazione.

L’iniziativa, istituita su «change.org», ha raccolto 19.385 firme (depositate nelle scorse settimane) a seguito delle dichiarazioni pronunciate Sgarbi all’inizio della pandemia da Sars-Cov-2.

L’iniziativa, promossa dal giornalista Roberto Rinaldi, referente dell’associazione Articolo21 per il Trentino Alto Adige, a seguito delle espressioni usate all’inizio della pandemia dal critico d’arte, ha raccolto 19.385 sottoscrizioni da tutta Italia. «Chiediamo sia rispettato il ruolo di presidente del Mart, il quale, fra i molti ruoli, ha anche la responsabilità di tutelare l’istituzione museale e il suo ruolo sociale-culturale dimostrando un comportamento degno, corretto, ed etico del prestigioso incarico ricoperto», si legge nel testo della petizione.

L’iniziativa è nata a seguito della pubblicazione di un video su Facebook (poi cancellato per violazione delle politiche del social network) in cui Sgarbi esprimeva il suo parere negativo nei confronti delle norme di prevenzione adottate per evitare il contagio, invitando gli abitanti di Codogno a non rispettare le restrizioni previste per il contenimento della pandemia.

La replica del diretto interessato punta sui numeri. «33 mila firme raccolte per l’appello di Vittorio Sgarbi sulla libertà di opinione in nome dell’articolo 21 della Costituzione. - segnala il presidente del Mart - Mai abbiamo raggiunto un livello di privazione delle libertà personali così feroce come in questo devastante 2020. Se tutto ciò fosse giustificato da evidenze scientifiche incontrovertibili magari avremmo potuto anche accettarlo, parzialmente o per intero. Tuttavia, abbiamo assistito all’indegno spettacolo di esperti che in televisione smentivano altri esperti e poi, non contenti, smentivano se stessi; abbiamo subito ordinanze da presidenti e sindaci che giocavano a fare i duri; siamo stati mortificati attraverso aiuti economici farseschi mentre assistevamo allo sfascio delle nostre attività lavorative;abbiamo subito l’umiliazione di vedere che quasi ovunque nel mondo i governi lasciavano inalterate le libertà fondamentali dei cittadini, contando sul loro senso di responsabilità, mentre noi venivamo trattati come bambini capricciosi e indisciplinati e intanto che i veri bambini (quelli che non avevano un parco privato a disposizione) marcivano in piccoli appartamenti sovrapopolati; siamo stati reclusi, privati della possibilità di fare esercizio fisico, privati perfino dei parchi pubblici, quando è evidente che ci si contagia molto di più negli ambienti chiusi che all’aperto, rispettando le distanze di sicurezza; siamo stati terrorizzati dai media che attribuivano al coronavirus qualunque decesso per qualunque causa, per poi essere smentiti dagli stessi parenti delle vittime; siamo stati sbeffeggiati se osavamo dubitare; siamo stati attenzionati dalle task force e messi a tacere dalle delibere che imponevano ai social network di oscurare e censurare; laddove più voci dal mondo scientifico e ora anche istituzionale lamentano l’assenza di misure di obbligatorietà che impongano di rimuovere i cosiddetti asintomatici positivi dalle loro abitazioni (e delle due l’una: o parliamo di un agente altamente infettivo, e quindi è inutile allontanare un familiare da un nucleo già infetto, oppure parliamo di un agente che non è così contagioso, e allora non serve allontanare nessuno dalla propria casa e dai propri affetti, tantomeno se sta bene)».

L’appello di Vittorio Sgarbi al presidente della Repubblica, che è formalmente il garante dei diritti costituzionali, è stato inizialmente scritto e firmato,insieme a Sgarbi, da alcuni intellettuali tra cui figurano politici, giornalisti, filosofi, uomini di spettacolo, economisti, giuristi «fino a 32.923 persone libere ed è stato pubblicato anche in Francia».

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