Ferro (Apss): «Il Trentino è fra le zone più sicure Misure anti-covid efficaci»

di Zenone Sovilla

«La prevenzione anti covid-19 in Trentino sta dando ottimi frutti: siamo una delle zone più sicure d'Europa, in media registriamo un paio di positivi nei mille-milleduecento tamponi processati ogni giorno».
Antonio Ferro (foto), direttore del dipartimento di prevenzione dell'Azienda provinciale servizi sanitari (Apss) fotografa una situazione confortante dell'andamento epidemico.
Ferro, per un momento si è temuto che i focolai locali potessero moltiplicarsi, dopo il caso numeroso della Brt a Rovereto, tre settimane fa. Adesso lo scenario è più stabile?
«Certo. In quel caso abbiamo dimostrato che le indagini per centri concentrici ci consentono di scoprire rapidissimamente l'eventuale presenza di altri positivi una volta emerso un cluster.
Da allora stiamo sottoponendo a test anche altri centri della logistica, tutte realtà che sono fisiologicamente esposte ai contatti con l'esterno: abbiamo individuato un solo contagio. In generale, finora la maggior parte delle positività rilevate risultano ascrivibili a persone arrivate da fuori provincia. Questo dato mi rincuora dal punto di vista epidemiologico, anche guardando alla prospettiva, e rafforza la mia convinzione che l'endemia nella comunità trentina è molto bassa. L'azione tempestiva e puntuale nei focolai ci consente di trovare subito i casi asintomatici, cioè di anticipare il virus».
Un po' il contrario di quanto avveniva nei primi, tragici mesi di pandemia, quando le autorità sanitarie erano costrette a rincorrere, mentre gli ospedali si riempivano di malati?
«Sì, tuttavia anche in quella fase acuta siamo riusciti a circoscrivere i contagi isolando immediatamente anche i casi sospetti, quelli non ancora sottoposti a tampone. I nostri servizi territoriali così hanno saputo contenere l'epidemia evitando che Trento si trasformasse in un'altra Bergamo o Brescia. Questo non va dimenticato. Gli stessi numeri diffusi dall'Istituto superiore di sanità indicano che siamo l'area italiana al top in fatto di identificazione e tracciamento (il 27% del totale individuato con test), dunque di prevenzione. Oggi abbiamo in campo dispositivi precisi per fare subito terra bruciata attorno ai singoli episodi».
Vista l'incidenza dei casi d'importazione, lei come valuta la tendenza all'aumento dei contagi in atto in alcune zone d'Italia e d'Europa?
«Mi preoccupa, anche perché con alcune di queste aree, la Germania per esempio, il nostro territorio ha contatti stretti in questo periodo di vacanza e non si prevedono protocolli per isolare sistematicamente gli arrivi. Un altro capitolo che ha già manifestato criticità è il rientro di lavoratori stranieri da Paesi con un quadro epidemiologico serio. È capitato anche nel nuovo caso di ieri, riguardante una persona tornata in Trentino in pullman, dunque ora è in corso il tracciamento di tutti i viaggiatori e temo che sarà difficile non scoprire qualche positivo nel gruppo. Una vicenda che ricorda il primo caso in provincia, nel marzo scorso, nella corriera dei pellegrini. Perciò è davvero determinante il rispetto rigoroso delle misure di prevenzione: mascherine, distanza fisica, igiene delle mani».
Torniamo ai turisti: salvo il fresco episodio del giovane rientrato da Malta, l'afflusso delle settimane scorse ha fatto registrare positivi?
«Ho appena verificato l'esito dei nostri interventi: delle decine di segnalazioni per turisti con sintomatologia sospetta, nessuna ha trovato poi conferma nei tamponi. In ogni modo la sorveglianza è stretta e scatta immediatamente l'isolamento cautelativo per i sospetti».
A proposito di sintomi, il virus in Italia in questi ultimi due mesi sta producendo effetti clinici assai ridotti e l'impatto ospedaliero è minimo. Come si spiega questa caratteristica confortante?
«Si individuano contagi con sintomatologie lievi o assenti, perché si tratta per lo più di molte persone giovani, che girano parecchio e stanno probabilmente meno attente dei più anziani. Molti rivelatisi positivi ci hanno raccontato che pensavano di aver solo preso un po' di freddo o che fosse colpa del'aria condizionata. Poi appena si conferma la positività, le persone nella cerchia non fanno nemmeno in tempo a sviluppare i sintomi, almeno non seri, perché le loro condizioni vengono diagnosticate subito. Inoltre, oggi siamo in grado di attuare precocemente terapie efficaci. Possiamo agire con un mix di farmaci, secondo solidi protocolli sviluppati con l'esperienza dei mesi scorsi, escludendo evoluzioni negative. Per questo non abbiamo persone in rianimazione e solo pochi ricoveri in reparto. Ma è fondamentale che i portatori senza sintomi rilevanti non entrino in contatto con soggetti fragili, nei quali il contagio potrebbe avere effetti più gravi».
Si va verso l'autunno, temuto perché presenterà condizioni più favorevoli ai contagi. Possiamo sperare di poter continuare la convivenza con il virus, minimizzandone i danni, grazie alle varie misure di protezione messe in atto?
«Non abbiamo alternative e dobbiamo impegnarci tutti. Col freddo aumenta la vita nei luoghi chiusi, dove il rischio è molto più elevato. Dunque, il quadro sarà più complicato di quello attuale ma andrà governato. Per farlo sarà importante anche poter distinguere i casi di influenza da quelli di covid-19, perciò invitiamo tutta la popolazione a vaccinarsi».

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