La "fase 3" dell'ateneo: in aula a settembre con meno studenti

di Lorenzo Basso

L’Università di Trento è entrata nella “fase 2” dell’emergenza coronavirus, ma è già pronta la “fase 3”, da settembre a dicembre. La ripresa delle attività nei laboratori è prevista già dal prossimo giungo, mentre in aula non si potrà tornare prima di settembre, con precauzioni specifiche per mantenere le distanze sociali.

Il rettore Paolo Collini si dice ottimista in merito alla progressiva riapertura dei diversi dipartimenti entro l’anno, con la messa in campo di soluzioni innovative per garantire la sicurezza degli studenti e del corpo docenti e per evitare la frammentazione dell’offerta formativa e dei progetti di ricerca, fiore all’occhiello dell’ateneo locale. Secondo le disposizioni diramate dal Ministero dell’istruzione nei giorni scorsi, fino a luglio sarà impensabile tornare a mettere piede nelle strutture universitarie, tuttavia sono previste delle deroghe per garantire il mantenimento dell’alto livello formativo, come nel caso delle attività in laboratorio. A differenza di quanto previsto in un primo momento, poi, già con il primo semestre del prossimo anno accademico si potranno riaprire le aule, con numerosi accorgimenti attualmente al vaglio di un tavolo interdipartimentale.

«Stiamo pensando ad una fase tre in cui si potrà tornare alla didattica in presenza - ha spiegato Collini - garantendo allo stesso tempo la formazione a distanza per tutti. Il problema principale riguarda il distanziamento tra gli studenti, dato che il nostro è uno degli atenei con il più alto tasso di partecipazione degli iscritti alle lezioni. Considerando l’impossibilità di utilizzare tutti i posti a sedere, ma solo uno ogni due a file alterne, dobbiamo fare i conti con aule che avranno un terzo o un quarto della capienza normale».
L’ateneo trentino conta attualmente circa sedicimila iscritti, di cui 4.000 in attesa di laurea triennale o magistrale (senza, quindi, la necessità di prendere parte alle lezioni). Secondo una stima fatta dalla Direzione didattica, tra l’80 e il novanta per cento degli iscritti prende parte regolarmente alle lezioni, mentre sono quasi completamente assenti i cosiddetti studenti non frequentanti. «Con una capienza ridotta al 25% delle possibilità - ha aggiunto Collini - ci troviamo a valutare due modelli: da una parte la presenza alle lezioni su turni, come è in studio per la scuola, oppure un’offerta diversificata, con lezioni a distanza per tutti e incontri in presenza unicamente per attività particolari, come gli approfondimenti o i lavori di gruppo».

Esami e sessioni di laurea, che attualmente avvengono sempre a distanza, in videoconferenza o attraverso sistemi informatici elaborati appositamente, potranno invece essere svolte da settembre normalmente, dato che in entrambe le situazioni sarà possibile garantire le distanze minime tra studenti, docenti e uditori. Tuttavia, come avviene per l’apertura progressiva delle attività produttive e dei servizi, anche la ripresa dell’attività universitaria non è certa, e per ora si stanno facendo delle congetture legate all’auspicio che il numero dei contagi continui a regredire.

«Ci stiamo attrezzando - ha concluso Collini - affinché i nostri studenti abbiano accesso al migliore servizio possibile. Per noi la didattica in presenza è un valore aggiunto, che crea comunità e permette lo scambio di idee. La nostra non sarà mai un’università telematica, ma questo periodo ci permette di studiare le modalità per fare meglio, attrezzandoci per continuare con le lezioni a distanza anche dopo gennaio 2021».

La lettera del rettore Paolo Collini con cui spiega le novità

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