Il dopo Covid-19: «Più bici per evitare la rincorsa all’auto»

Più biciclette, soprattutto e-bike, in circolazione, e meno automobili: per la due ruote dolce, l’emergenza Covid-19 è la grande occasione di rivincita. Soprattutto, però, a livello urbano. È un crinale difficilissimo, quello del trasporto pubblico locale: il rischio è di buttare al vento anni di sforzi per agevolare l’uso dei mezzi pubblici in luogo di quelli privati. Roberto Andreatta , mobility manager della Provincia autonoma di Trento, esemplifica: «Ci sono dei dipendenti pubblici che hanno chiesto il permesso di utilizzare il parcheggio interno della Provincia, e sono pendolari con abbonamento, che usano il treno tutti i giorni». Il dirigente provinciale fornisce numeri dettagliati dell’extraurbano e del servizio urbano. E subito si coglie che è una partita difficilissima quella che il Tpl, il trasporto pubblico locale, ha di fronte. Prima della riapertura delle scuole in settembre, c’è un sacco di lavoro da fare. «La sfida» dice Andreatta «è quella di decongestionare il sistema del Tpl senza incrementare l’uso dei mezzi privati».

Come affrontare questa sfida?

«Nel lavoro enorme da fare sui due elementi della domanda e dell’offerta, dobbiamo anzitutto “governare” il più possibile la domanda: se rimane l’obbligo di distanziamento, il sistema che portava 100 mila passeggeri giorno, tra bus, corriere e treni, dimezza la sua capacità. Il treno non solo non è “allungabile”, perché sono composizioni fisse di carrozze, ma nemmeno è possibile concentrare più treni nell’ora di punta, per i limiti intrinseci del binario».

Qual è la situazione che si profila per l’extraurbano?

«Se non agiamo sulla domanda, va in crisi il servizio. In una giornata tipo, sulle corse in periferia, ci sono 33 mila passeggeri, di questi, però, il 66% sono studenti delle superiori, concentrati nelle ore di punta».
In concreto, quale sarebbe l’impatto del distanziamento obbligato?
«Faccio un esempio. Nella Valle del Chiese, per arrivare a Tione alle 7.45 circa, il servizio di trasporto è effettuato da 9 autobus (di cui uno del Consorzio trentino autonoleggiatori, il Cta), che trasportano circa 460 persone tra studenti e lavoratori. Con la disponibilità di posti immaginata per il Covid-19, servirebbero più del doppio dei bus, 19 o 20 mezzi, e del personale trattandosi di orario di massima punta».



Impossibile, quindi...

«Considerato che nel periodo invernale scolastico, garantiamo il trasporto con circa 350 autobus di Trentino Trasporto, con carico in piedi, più 70 del Cta (senza carico in piedi), non è pensabile di poter disporre di risorse sufficienti per garantire lo stesso servizio: servirebbero altre 400 corriere di Trentino Trasporti e altri 70 bus del Cta, a cui andrebbero aggiunti gli autobus di scorta necessari».

E allora?

«È chiaro che la soluzione per l’extraurbano, sia bus che treni, viene dal “come” si andrà a scuola».

Potrà andare meglio con il servizio urbano?

«L’offerta di mezzi, servizi e corse sull’urbano ha margini da valutare. Ma comunque limitati. Alcune linee forti erano già in sofferenza, su tutte la linea 5 per Povo con 2 mila persone che la assaltano tra le 7.30 e le 10.30. Per restare all’area urbana, delle 50 mila salite precedenti sui bus se ne potranno soddisfare 25 mila . Sull’urbano, sono decisivi, oltre agli studenti, anche i lavoratori. Hanno un peso uguale».

Lavoratori che ripiegheranno, chi lo potrà fare, sull’autovettura...

«Il rischio che ci sia una corsa alla vettura privata per gli spostamenti urbani è forte: a Trento, gli spostamenti dei lavoratori sono oltre 15 mila ogni giorno. Rischio, perciò, di blocco del traffico, congestione e inquinamento».

Cosa si può fare, allora?

«Evitare di alleggerire il sistema pubblico urbano lasciando inerzialmente la migrazione alla vettura. Gli impatti sarebbero gravi. La società di consulenza Ipsos ha esaminato l’impatto del Coronavirus sul mondo delle auto in Cina: un sondaggio tra i consumatori mostra una crescita esponenziale delle persone che hanno dichiarato di voler acquistare una vettura entro sei mesi, pari al 66% . Si stima che nella sola Milano il numero di veicoli circolanti avrà un incremento del 300%».

Previsione che spaventano. Allora, meglio puntare sulle bici?

«Accanto a sistemi di incentivo a proseguire il lavoro da casa dove è possibile, nelle aree urbane la bici può può fare molto. Eco-sostenibile, è un mezzo permette di spostarsi senza entrare in stretto contatto con altre persone. È utile nella situazione di lockdown, ma potrà essere un punto chiave per la mobilità dopo la fase 1».

Ci sono esempi positivi?

«Sì, in alcuni Paesi la pandemia Covid-19 ha dato l’impulso per realizzare piste ciclabili e ciclopedonali di emergenza. A New York, così a Berlino, Vienna e Budapest si stanno creando dei corridoi di emergenza per favorire la circolazione a piedi o in bici, mantenendo la distanza di sicurezza dagli altri».

La Provincia potrebbe aumentare i contributi all’acquisto di biciclette?

«Ci si sta ragionando. Il boom delle e-bike nel 2019 dimostra quanto il settore dell’elettrico possa porsi come la chiave di volta per rivoluzionare gli spostamenti cittadini. Forse si potranno riposizionare i contributi provinciali alla mobilità elettrica ancora di più in questo settore, come misura universale, per tutti: oggi, i contributi per le e-bike vengono dati alla aziende con più di 5 dipendenti».

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