Coinvolto in un incidente trovano cannabis nell'urina ma viene prosciolto

di Flavia Pedrini

Era alla guida della sua macchina, quando un altro veicolo gli ha improvvisamente tagliato la strada, dopo avere saltato uno stop. Ai danni all’auto e alle ferite riportate - era finito in ospedale in ambulanza - si è aggiunta una denuncia per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. L’esame delle urine aveva infatti rilevato tracce di cannabinoidi. Morale: patente sospesa e un procedimento penale. Ma l’uomo, alla fine, è stato prosciolto: il gip Claudia Miori, accogliendo la tesi del suo difensore, Michele Busetti, ha ritenuto che la semplice presenza di tracce di cannabinoidi nelle urine non bastasse per dimostrare che in quel momento le sue condizioni psicofisiche fossero alterate. La sostanza stupefacente, infatti, può rimanere nelle urine anche per giorni dopo l’assunzione.

La vicenda definita in Tribunale risale al dicembre 2019. L’automobilista, un 40enne trentino, si trovava nelle Giudicarie quando è rimasto coinvolto in un incidente: una macchina gli aveva tagliato la strada. I carabinieri, giunti sul posto, avevano sottoposto l’altro conducente all’alcoltest, che in effetti era risultato positivo. L’altro, rimasto ferito, era stato invece portato in ospedale dove, su richiesta delle forze dell’ordine, era stata sottoposto ad analisi del sangue e delle urine. Le prime erano risultate negative, mentre nelle urine erano state trovate tracce di cannabinoidi. A quel punto all’uomo è stata contestata la violazione dell’articolo 187: guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Partono subito il procedimento amministrativo di sospensione della patente e quello penale. Il primo viene impugnato davanti al giudice di pace, che lo sospende. Per quanto riguarda il fronte penale la difesa presenta una memoria sostenendo che, per contestare quel reato, è necessario dimostrare che al momento della guida il conducente fosse alterato. Non solo, citando le linee guida dell’Istituto superiore di sanità, l’avvocato evidenzia che gli esami idonei a rilevare il possibile stato di alterazione siano quelli del sangue e non quelli delle urine, dal momento che le tracce della sostanza stupefacente potrebbero rimanere per molti giorni. Una tesi non condivisa dal pm, che chiede invece al gip di emettere un decreto penale di condanna. A quel punto la difesa presenta una memoria al magistrato e la giudice Miori, accogliendo la tesi prospettata dal legae, ha prosciolto il 40enne dal reato perché il fatto non sussiste.

«Ai fini dell’affermazione della penale responsabilità - evidenzia - rileva non l’accertamento dell’uso di sostanza stupefacente, ma quello dell’essersi posto alla guida in stato di alterazione - scrive - Da un lato l’esame eseguito sulle urine non consente di risalire con certezza al tempo dell assunzione, che potrebbe anche essere di alcuni giorni anteriore». Pertanto non può essere usato per dimostrare che il soggetto si era messo alla guida in uno stato di alterazione psico fisica. Nel contempo viene rilevato che gli esami del sangue avevano invece dato esito negativo rispetto alla presenza di sostanze stupefacenti e che, al momento dell’incidente, non erano stati rilevati nemmeno dalle forze dell’ordine comportamenti sintomatici di una persona poco lucida.

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