Anche in Trentino si testa il farmaco che sembra avere effetto sul Coronavirus

di Patrizia Todesco

Da giovedì anche alcuni pazienti ricoverati negli ospedali trentini hanno iniziato il trattamento con il Tocilizumab, farmaco normalmente utilizzato per artrite reumatoide ma che, già in Cina, ha fatto registrare miglioramenti importanti nei pazienti a cui è stato somministrato per trattare la polmonite da Covid-19.  Al momento all’Azienda sanitaria sono state consegnate una quantità di farmaco che consentirà di trattare una quindicina di pazienti.

Va comunque detto che le persone a cui viene somministrato il farmaco devono rispondere ad una serie di requisititi. L’obiettivo è verificare se, come promesso, il farmaco è in grado di dimezzare il tasso di mortalità che a un mese, per i pazienti con i criteri indicati, è di circa il 15%. Ma quali sono i criteri? Innanzitutto un tampone positivo a Covid-19. Poi essere ricoverati in ospedale con una polmonite. Importanti sono poi anche gli indici di saturazione e da quanto tempo il paziente è stato intubato.

La Roche ha deciso di fornire il farmaco gratuitamente agli ospedali. In realtà le Aziende sanitarie, e quindi anche quella trentina, devono acquistarlo pagandolo circa 400 euro a confezione (per un trattamento ci vogliono 2 confezioni) e poi far richiesta di rimborso per il quale ricevono una nota di credito.

Lo studio è promosso dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l’IRCCS di Reggio Emilia, e con la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA, prevede due gruppi di pazienti: un primo gruppo che verificherà appunto una ipotesi di riduzione della mortalità a un mese (330 pazienti in totale con l’obiettivo di ridurre la mortalità dal 15 al 7%) e un secondo gruppo concepito con l’obiettivo di migliorare le modalità di gestione dell’ emergenza in corso e includerà i pazienti già intubati da oltre 24 ore e i pazienti che siano già stati trattati prima della registrazione sia intubati che non intubati. Il numero di questi pazienti non è definito a priori poiché la numerosità deriverà dalla valutazione dei risultati della fase 2 e dall’andamento della pandemia.

Intanto anche a Trento stanno guardando con attenzione a tutte le novità che l’industria farmaceutica e non solo immette sul mercato per far fronte all’emergenza. Tra queste un circuito innovativo che permette di utilizzare un ventilatore polmonare per più pazienti che è stato messo a punto da un’azienda Mirandola. Un’innovazione importante per moltiplicare i posti di terapia intensiva già testato all’ospedale Sant’Orsola di Bologna.

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