Spostamenti non urgenti, al via le verifiche Automobilisti denunciati: le scuse non bastano

di Marica Viganò

La visita alla sorella malata, che in realtà sta bene ed è autosufficiente. La revisione dell’auto prenotata a decine di chilometri di distanza dal luogo di residenza, nonostante l’officina vicino a casa. La visita agli amici. Motivazioni che non rientrano nello stato di necessità previsto dal decreto #noistiamoacasa per lasciare la propria abitazione.

Scuse per giustificare uno spostamento non urgente e che sono costate la denuncia ad almeno una decina di automobilisti.

«Ci si può muovere solo per necessità urgenti: non perché ci sia una situazione di gravità oggi, ma perché in fase preventiva riteniamo giusta questa attenzione» è l’appello del presidente della Provincia Maurizio Fugatti. «È consentita la mobilità in prossimità della propria abitazione per un tempo limitato a scopo salutistico - ha evidenziato Raffaele De Col della Protezione Civile - ad esempio non si può prendere l’auto ed andare in Bondone a fare un giro: è una mobilità non necessaria».

Sulle strade ci sono pattuglie di polizia locale, guardia di finanza, questura, carabinieri e polizia stradale. «Stiamo facendo molta informazione, dando consigli, distribuendo i moduli delle autocertificazioni - evidenzia il comandante della polizia locale di Trento, Lino Giacomoni - Ci vuole buon senso negli spostamenti. Interpretiamo le norme con le finalità poste dal Governo, ossia limitare gli spostamenti per evitare il contagio».

I controlli sono partiti in tutto il Trentino. Le forze dell’ordine, nell’ambito di una più ampia attività di controllo del territorio, fermano i veicoli per verificare la provenienza e la destinazione, come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio del 9 marzo: evitare viaggi non necessari e niente assembramenti con il fine di contenere la diffusione del virus. Come detto dal ministro della Salute Roberto Speranza nei giorni scorsi «ci sono spostamenti che sono inevitabili, per ragioni di salute o di lavoro, ma dobbiamo provare a limitare il più possibile le occasioni di contagio».

Sono quattro i motivi per mettersi in macchina e lasciare casa: comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. I quattro punti sono specificati nella dichiarazione personale, ossia l’autocertificazione, che le forze dell’ordine invitano a compilare nel corso del controllo e che servirà per eventuali successivi accertamenti sulla veridicità delle informazioni.

Diversi automobilisti sono stati ammoniti ed invitati a tornare a casa. È il caso di un genitore che andava a ritirare i compiti per il figlio a casa di un compagno di classe: una necessità certamente, dato il diritto allo studio, ma lo spostamento avrebbe potuto essere evitato semplicemente utilizzando la e-mail.

Non l’hanno invece passata liscia gli automobilisti che si sono giustificati spiegando di andare a trovare amici: sono stati denunciati secondo quanto previsto dall’articolo 650 del Codice penale, ossia per la mancata osservazione di un provvedimento dettato da motivi di sicurezza pubblica, con arresto fino a tre mesi o ammenda fino a 206 euro. C’è anche chi ha addotto come scusa la visita alla sorella: la denuncia è scattata in quanto è stato verificato che la donna stava bene e non aveva necessità di aiuto.

Sette persone sono state denunciate perché si trovavano all’interno di un locale del centro di Trento in orario notturno. Il controllo è scattato alle 23 di martedì: il locale avrebbe dovuto essere chiuso a partire dalle 18. Ma l’esercizio non era aperto al pubblico, come spiega il titolare, né era in corso una festa privata. «Siamo chiusi da domenica, ma è stato necessario lavorare con il mio staff a porte chiuse. Avevamo 150 chili di materia prima fresca - spiega - abbiamo cucinato, svuotato i fusti di birra, pulito tutto e sistemato i frigoriferi perché non sappiamo quando riapriremo. Abbiamo lavorato fino a tardi e ovviamente ci siamo fermati a mangiare qualcosa e a bere. Ma eravamo chiusi al pubblico».

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