Addio a Marco Bassetti il trentino di Medjugorje

di Elena Nicolussi Giacomaz

«I primi anni dormivamo nelle case degli abitanti del villaggio: pavimenti in terra battuta, tetti realizzati con un semplice soffitto in cemento e in inverno per stare caldi si doveva dormire con la tuta da sci». Era il 2013 quando Marco Bassetti, il trentino che dal 1982 al 2014 ha portato a Medjugorje tra i 12 ed i 15mila fedeli, raccontava alle pagine dell’Adige dei suoi primi pellegrinaggi verso l’apparizione. La fervente devozione per la Madonna, l’amore per la famiglia, l’impegno verso il prossimo. Marco Bassetti si è spento ieri mattina a Trento circondato dall’affetto dei suoi cari, all’età di 92 anni.

«Quando parlavi della Madonna a Marco - ricorda l’amico di sempre e successore nella sua opera di capogruppo nei pellegrinaggi, Ivo Baroni - lui rinasceva. Da quando mi ha passato il timone nel 2014, non ha perso un viaggio. Anche a maggio dell’anno scorso, all’alba del suoi 92 anni, era con noi a Medjugorje». Una fede condivisa con la moglie Francesca Berlanda e con le figlie Maddalena e Gelsomina, nata dopo una carriera da direttore di filiali dell’allora Cassa di Risparmio. Fino alla vera vocazione per Medjugorje. Ricordava lo stesso Bassetti: «Nel 1981 su Avvenire lessi un articolo su queste misteriosi apparizioni. Incuriosito, cercai qualche informazione in più sugli altri giornali, ma non trovai nulla. Così quando nel maggio del 1983 un amico di Bolzano mi invitò ad andare accettai con entusiasmo». Come andò? «Fu un’avventura: 26 ore di pullman. Dovevamo arrivare alle 20. Giungemmo alle 3 di notte con l’albergo chiuso. La mattina dopo andammo nel luogo delle apparizioni: non c’era nulla, una chiesa e poi solo campagna».

Una cosa appare chiara nei suoi racconti: «Medjugorje - diceva - non può non colpire chi ci va. In tanti anni di pellegrinaggi e di gente accompagnata penso che non ci sia nessuno che non sia tornato cambiato dopo un viaggio là».

La sua attività di capogruppo nei pellegrinaggi, nello specifico, ha avuto inizio come responsabile del movimento cattolico «Rinnovamento nello spirito», con un gruppo di 300 persone nella soffitta sopra gli Artigianelli, da cui nacque l’idea dei primi pulmann. Da lì i viaggi (circa 3-4 all’anno); l’impegno per aiutare i bisognosi del luogo con alimenti, coperte, materiale scolastico ed attrezzi da lavoro. Ed anche la raccolta, promossa da Bassetti, di 50 milioni di lire per la costruzione della Chiesa di Surmanci, nei pressi di Medjugorje, ad oggi conosciuta come Chiesa dei Trentini. Una storia di beneficenza ed altruismo che si intreccia con un’altra storia trentina, che ha a che fare con un miracolo. «La Chiesa di Surmanci - spiega oggi l’amico Baroni - è dedicata a Gesù Misericordioso, raffigurato nel dipinto di un’artista padovana. In precedenza il quadro era custodito nella Villa Santissima di Villazzano, ed è stato volere dell’arcivescovo di Spalato che l’icona facesse ritorno proprio a Medjugorje, a cui originariamente era stata donata. Ebbene, è stato grazie a Marco ed il suo impegno che l’icona ha fatto ritorno nei Balcani nel ‘93, trasportata da un carro trainato da cavalli su un letto di rose bianche e rosse».
«Il cordoglio è generale - conclude l’amico - Era il nostro Marco. Non sarà più lo stesso senza di lui. Ci lascia la sua grande fede, l’amore immenso per la famiglia, il suo essere esempio su tutto. Medjugorje è un luogo dove non c’è niente da vedere ma tanto da sentire: un luogo a cui non si arriva per caso e a cui si ritorna. Cercheremo di proseguire nella sua opera».

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