Un anno senza Antonio e il suo sogno L'11 dicembre 2018 l'attentato a Strasburgo che costò la vita al giovane trentino

di Leonardo Pontalti

Un momento di svago dopo una giornata di lavoro, intenso, appassionato. Un anno fa, martedì 11 dicembre, fino al tardo pomeriggio Antonio Megalizzi era un 29enne innamorato di radio, di giornalismo, di Europa.

Un anno dopo, quel giovane trentino al lavoro in giro per il mondo, tra sacrifici, impegno e tanti sogni stroncati violentemente, è diventato un simbolo: di libertà, di impegno. Dopo aver pagato con la vita, con l’unica colpa di aver incrociato l’odio che ha armato la mano Chérif Chekatt. Un suo coetaneo, francese di origine algerine.

Che in quella serata di un anno fa aveva fatto irruzione tra le casette del mercatino natalizio della città alsaziana. Tra le tante persone che lo affollano c’erano Antonio con alcuni colleghi. La trentina Caterina Moser, la veneta Clara Rita Stevanato, il polacco Bartosz Pedro Orent-Niedzielski.Antonio aveva appena terminato di raccontare la seduta plenaria del Parlamento europeo per il network universitario Europhonica. Faceva la spola tra l’Italia ed il cuore dell’Unione europea a proprie spese, in treno, in auto, molto più spesso in pullman.

Il terrore. Poco dopo le 20, in place Kléber tutto era stato improvvisamente stravolto dagli spari di Cherif Chekatt e dalle urla terrorizzate di quanti erano là. Tre le persone che erano cadute in piazza, senza vita: Kamal Naghchband, afghano, Anupong Suebsamarn, thailandese, Pascal Verdenne, francese.
Antonio e Bartosz erano invece rimasti feriti: gravi, ma i soccorritori erano riusciti a trasferirli in ospedale.
«Si è appoggiato al muro e ci ha puntato la pistola alla fronte...», avevano raccontato alla stampa Caterina e Clara. Loro erano riuscite a mettersi in salvo in tempo, mentre Antonio era stato colpito alla testa.
Chekatt, che poi si era allontanato dalla zona del mercatino minacciando un tassista ed era riuscito a sfuggire alla cattura per un paio di giorni, prima di essere individuato e ucciso dalle forze speciali, aveva sparato contro le persone che affollavano le casette da distanza ravvicinata. Vere e proprie esecuzioni tra la folla in preda al panico.
Mentre Antonio e Batosz venivano soccorsi, le colleghe avevano potuto trovare riparo tornando poi all’interno del Parlamento europeo, dove ad assisterle erano stati anche l’allora presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e quello attuale, David Sassoli, oltrea all’eurodeputato Daniele Viotti, tra gli ultimi a parlare con Antonio: «Mi ero fermato a parlare con lui - aveva raccontato - perché voleva scrivere un paper sul bilancio europeo. Abbiamo chiacchierato 10 minuti perché io sono relatore del bilancio e ci siamo dati un nuovo appuntamento per parlare ancora, per raccogliere il materiale. Se avessimo fatto l’intervista più tardi, se avessimo parlato altri cinque minuti forse non sarebbe successo. Non a lui, non a loro».

La speranza. Per tre giorni fra la clinica universitaria «Hautepierre» di Strasburgo e Trento si crea un ponte fatto di angoscia ma anche di speranza: i parenti di Antonio - mamma Annamaria, papà Domenico, la sorella Federica - e la fidanzata Luana erano partiti alla volta della Francia già nella tarda serata dell’11 dicembre e con il passare delle ore ed il diffondersi della notizia nel capoluogo ed in tutto il Trentino intere comunità si erano strette ad Antonio e ai suoi cari. Quelle del quartiere di Cristo Re, dove la famiglia Megalizzi vive e il ventinovenne era cresciuto; quella universitaria, quella delle emittenti radiofoniche con cui Antonio aveva collaborato e collaborava; l’insieme dei tanti amici.

La tragedia. Antonio si era arreso il 14 dicembre. La situazione era precipitata ben presto, non appena in ospedale i medici avevano capito che il ventinovenne non era operabile, per il tipo di trauma riportato dopo essere stato raggiunto dal proiettile. Due giorni più tardi era poi morto anche l’amico Bartosz.
In questi mesi i familiari di Antonio tanto si sono impegnati per far sì che i suoi sogni non andassero perduti e potessero trovare nuove ali attraverso la passione di altri giovani, tramite la fondazione a lui intitolata. Un impegno generoso, per cercare di lenire il dolore e l’amarezza legate all’impossibilità di vedere quei sogni ancora coltivati da lui, personalmente.

Il ricordo. Dopo essere stato omaggiato con un concerto delle scuole musicali della città ieri sera in Consiglio comunale, Antonio verrà ricordato con una messa nella “sua” chiesa di Cristo Re sabato pomeriggio alle 18: a celebrarla, l’arcivescovo monsignor Lauro Tisi.

Il capo dello Stato. «In questo giorno di memoria, la repubblica si stringe ai familiari e agli amici di Antonio Megalizzi e ricorda il suo impegno per gli ideali basati sui principi della Costituzione». Lo scrive il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad un anno dall’uccisione di Antonio Megalizzi. «Come sottolineava costantemente - sostiene il Capo dello Stato - l’Europa è la vera chiave del nostro futuro. Al pari di tanti suoi coetanei che si sentono europei, avvertiva come irragionevoli le barriere che vengono frapposte nel percorso di integrazione». A un anno dal brutale assassinio, «il ricordo e la testimonianza di vita di Antonio Megalizzi costituiscono ancor più un segno assai significativo per il nostro Paese. Un giovane giornalista, appassionato del proprio lavoro, fiero di essere cittadino italiano ed europeo, è stato strappato ai suoi affetti e all’impegno in cui spendeva il suo talento da mano terrorista, armata di fanatismo e di violenza».

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