Giunta Rossi nel mirino della Corte dei Conti Per la permuta degli ex Artigianelli dei Pavoniani un "conto" salato: 10 milioni di euro

di Sergio Damiani

La Provincia era convinta di aver fatto un affare d’oro, scambiando con i padri Pavoniani un immobile affacciato su piazza Fiera che valeva 4,2 milioni di euro, con l’enorme complesso ex Artigianelli di Susà di Pergine  valutato 5,7 milioni di euro. A 5 anni di distanza, la permuta per l’ente pubblico purtroppo  ha il sapore, amaro, dello spreco di risorse. L’immobile ex Artigianelli, infatti, rimane in stato di abbandono, con un  valore che per la procura regionale della Corte dei conti è oggi di fatto negativo.

Secondo il procuratore regionale Marcovalerio Pozzato siamo di fronte a quello che potrebbe essere un danno erariale enorme: oltre 10 milioni di euro messi “in conto” all’ex presidente della Provincia Ugo Rossi e agli ex assessori della sua prima giunta Alessandro Olivi, Renata Borgonovo Re, Carlo Daldoss, Michele Dallapiccola, Sara Ferrari, Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini. A tutti loro in questi giorni è stato recapitato un invito a dedurre con una contestazione individuale pari a 1.258.000 euro a testa. Un vero salasso se le accuse - in questa fase ancora tutte da verificare - dovessero essere confermate.

Gli amministratori finiti sotto la lente della magistratura contabile sono nei guai perché nella seduta del 22 dicembre 2014 approvarono la delibera 2360 che aveva per oggetto il contratto di permuta tra la Provincia e l’Istituto Pavoniano Artigianelli (Congregazione religiosa dei figli di Maria Immacolata). L’ente pubblico cedeva l’immobile di piazza Fiera (che all’epoca ospitava il Servizio personale) e acquisiva quello che oggi è un enorme edificio abbandonato al degrado, l’ex Artigianelli di Susà. Il primo ha destinazione B4 (uffici pubblici), il secondo B1 (collegi, convitti educandati); il primo è in centro a Trento, il  secondo è alla periferia di Pergine; il primo è in ottime condizioni e in uso, il secondo è rifugio per disperati e vandali.

L’Adige sollevò qualche dubbio su quella permuta già nel 2014, ma l’affare aveva la “benedizione” dei numeri: secondo la stima fatta dal Servizio gestioni patrimoniali della Provincia il primo valeva 4.251.000 euro, il secondo, cioè gli ex Artigianelli, 5.742.000 euro. Come previsto dalla delibera, lo scambio, con reciproca soddisfazione, venne ratificato con il passaggio di proprietà davanti al notaio.

I valori di stima non vengono contestati dalla Corte dei conti che ha in mano una perizia  fatta dall’Agenzia del Territorio che ha valutato al 2015 piazza Fiera 4.260.000 euro e l’ex Artigianelli 6.070.000 euro.
Perché la Provincia era così interessata a mettere le mani sul gigante di cemento di Susà? Cosa voleva realizzare? Nella delibera del 2014 non c’è traccia di risposte. Ed è questa mancanza di visione sul futuro dell’ex Artigianelli che viene contestata oggi all’ex giunta Rossi. Secondo la procura regionale, le ragioni sottese alla cessione, «con tutta evidenza illogiche e irrazionali», non traspaiono in alcun modo dall’atto che ha autorizzato la permuta (cioè la delibera 2360 del 2104) che secondo l’accusa  violerebbe  «i più elementari principi di legittimità e trasparenza degli atti amministrativi».

La dimostrazione starebbe nel fatto che in 5 anni non è stata ancora ipotizzata la finale destinazione di un immobile - l’ex Artigianelli - il cui destino potrebbe essere quello della demolizione. Solo nel 2017 venne sottoscritto tra Comune di Pergine e Provincia un protocollo di intesa per valorizzare gli immobili abbandonati, ma si tratta di un impegno generico, comunque tardivo secondo il pm contabile. La prima voce di danno contestata è quindi pari all’intero valore dell’immobile di piazza Fiera di cui la Provincia non ha più il possesso.
Negli inviti a dedurre - tema del giorno ieri negli ambienti della politica provinciale -  la procura regionale parla di «improvvida e negligente gestione del patrimonio pubblico» avendo la giunta della Provincia peggiorato la composizione del patrimonio immobiliare dell’ente, esponendo lo stesso «ad un cospicuo e ricorrente esborso di denaro per reperire spazi sostitutivi a quelli ceduti all’Istituto Pavoniano Artigianelli».
Il Servizio personale della Provincia, che occupava gli uffici di Piazza Fiera, dovette trovare una nuova collocazione presso Palazzo Verdi (l’ex Cassa malati) di Piazza Venezia dove la Provincia (in passato proprietaria dell’immobile), è ora in affitto pagando (per tutti gli uffici e non solo per il personale) 1.161.000 euro all’anno. L’altra posta di danno che viene contestata dalla Corte dei conti a Rossi e agli ex assessori è pari a 5.808.000 per gli affitti pagati dalla Provincia dal 2015 ad oggi. In totale l’ipotetico danno erariale è pari a 10.068.000, cioè un “conto” di 1.258.000 euro a testa.


ROSSI: «VALORI CONFERMATI DA TERZI»

«Sono sereno, controdedurremo come chiede la Corte dei conti e spiegheremo la logica che c’era per la valorizzazione dell’immobile». Mauro Gilmozzi, ex assessore al patrimonio dell’allora giunta guidata da Ugo Rossi, replica con i dati all’accusa dei magistrati contabili di aver di fatto usato in maniera non corretta le risorse pubbliche.
«Con le controdeduzioni - assicura Gilmozzi - chiariremo la logica sulla base della quale si è fatta la permuta e metteremo in evidenza come i i valori immobiliari erano confermati dall’Agenzia del territorio, su quale base è stata fatta l’operazione. Siamo pronti a presentare le nostre controdeduzioni sono sereno rispetto al fatto che se è giusto che il Procuratore chiede, noi risponderemo. Presto penso che ci troveremo come ex assessori della giunta per parlarne» mette in evidenza ancora Gilmozzi. Nella delibera presa allora, spiega l’ex assessore provinciale, era stata inserita anche la cifra dei due immobili.


A guidare l’esecutivo provinciale c’era Ugo Rossi, del Patt, che oggi è consigliere provinciale di minoranza sempre per le Stelle Alpine.
Rossi non vuole commentare nel dettaglio le accuse della Corte dei conti, si limita a rimandare ai dati di fatto delle valutazioni dei due immobili. «Dalla delibera si nota che la perizia della stima del bene di Pergine era superiore alla perizia dell’immobile di Trento - afferma Rossi rimandando ai documenti dei tecnici di allora - Questo è stato fatto sulla base di una perizia della stima dei tecnici della Provincia e verificata dal comitato tecnico autorizzativo in cui sono presenti anche persone terze».


L’ex assessore Michele Dallapiccola (Patt) spiega laconicamente: «Alla luce di quello che chiederanno, faremo le nostre controdeduzioni». Nella delibera che aveva dato l’ok alla permuta si parla delle «apposite perizie di stima a cura del Servizio Gestioni Patrimoniali e Logistica della Provincia, datate novembre 2014» «con le quali sono stati definiti i valori complessivi dei beni oggetto di permuta, così quantificati: beni ceduti dalla Provincia» «a valori di mercato per complessivi euro 4.251.000 al netto delle servitù; beni ceduti dall’Istituto Pavoniano Artigianelli alla Provincia» «comprensivo della servitù passiva a favore delle restanti realità dell’Istituto Pavoniano Artigianelli» per 5.742.000 euro.
A lanciare dubbi sull’operazione era stato, due anni fa, il consigliere Filippo Degasperi del Movimento 5 Stelle, con una interrogazione che chiedeva se ci fosse stato «un favore ai privati» e con un esposto alla Corte dei conti.

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