Alzheimer, l'appello delle famiglie «Il pubblico paghi le rette Rsa»

Il sistema pubblico si faccia carico delle spese per il ricovero di pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer nelle residenze assistenziali sanitarie per anziani (Rsa). Lo chiede l’associazione Alzheimer Trento in una lettera inviata al ministro della salute, Roberto Speranza, e all’assessora provinciale Stefania Segnana.

Il presidente dell’associazione, Renzo Dori, richiama una serie di sentenze della magistratura a supporto della richiesta, che in sostanza riguarda l’inserimento fra i Lea (Livelli essenziali di assistenza) dei costi oggi a carico delle famiglie dei pazienti ricoverati in Rsa. Queste spese, dovrebbero, invece, essere sostenute dal servizio sanitario nazionale (Ssn) come già avviene per altre patologie cronico degenerative.

«Ciò che ci rammarica - scrive il presidente - è che ancora una volta la magistratura anticipa in qualche modo le decisioni socialmente rilevanti che dovrebbero invece caratterizzare l’azione politica. Per questo chiediamo, insieme ai moltissimi familiari che la politica faccia propri tali orientamenti, anticipati dalla magistratura. Un tale riconoscimento eviterebbe continui ricorsi ai tribunali da parte dei singoli pazienti e loro familiari».

Nella lettera l’associazione trentina riassume il quadro generale della vicenda: «La demenza di Alzheimer, che in Italia colpisce circa 800 mila persone e in Trentino 6-7 mila, ha una sua evoluzione cronico degenerativa che attualmente non trova alcun farmaco adeguato per la cura. Dopo una prima fase in cui prevalgono sintomi legati alla parziale perdita della memoria a breve termine, alla diminuzione delle capacità cognitive, ad un minimo disorientamento, ad ansia e depressione (fase questa normalmente gestita a domicilio dalla famiglia); segue una seconda fase con disorientamento spazio temporale, deficit di memoria moderato, disturbi del linguaggio e del comportamento; nella fase più avanzata della malattia e terminale (la terza, che può durare anni) vi è un aggravamento serio di tutte le manifestazioni precedenti con la perdita completa delle abilità cognitive, del linguaggio, dell’autosufficienza nelle attività quotidiane come lavarsi, vestirsi, assumere i pasti. Inoltre, vi sono incontinenza sfinterica, allettamento, aggressività, allucinazioni e a volte crisi epilettiche. Il quadro è molto pesante e il paziente diviene completamente dipendente sia dall’aiuto assistenziale che sanitario».

È in questa fase particolarmente dolorosa e complicata che si rende generalmente necessario il ricorso alle strutture professionali residenziali. «Un numero crescente di persone con demenza di Alzheimer in fase grave, difficilmente vengono gestite a domicilio e più frequentemente sono inserite nelle residenze sanitarie assistenziali, a volte dotate di nuclei specializzati», scrive l’associazione. E prosegue: «L’inserimento in Rsa pubblica o privata o del privato sociale comporta, per la persona affetta da tale patologia, il pagamento della cosidetta “retta alberghiera” come forma di compartecipazione alla spesa di degenza (mediamente varia da 50 a 80-100 euro al giorno). Sull’obbligo di versare tale retta di compartecipazione a carico del paziente o dei suoi familiari si sono generate da tempo non poche vertenze, ricorsi e contestazioni».

A dirimere tali vertenze, si sottolinea,  ci ha pensato la Cassazione, affermando che le persone ricoverate in Rsa per Alzheimer con «gravissimo deterioramento mentale, disorientamento temporo-spaziale ed assenza di qualsiasi autonomia personale» hanno diritto a prestazioni sanitari e a rilevanza sociale o a prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono a carico del Servizio Sanitario Regionale/nazionale». A questo primo autorevole pronunciamento nel temposi sono susseguite varie sentenze di Tribunali. «La giurisprudenza ha quindi consolidato un indirizzo interpretativo delle norme vigenti», aggiunge l’associazione dicendosi fiduciosa nella comprensione delle istituzioni politiche e degli atti formali conseguenti.

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