Quel nuovo bacino sopra Molveno e lo studio delle diverse ipotesi (cosa succederebbe se crollasse)

Il piano di emergenza

di Gigi Zoppello

La giunta provinciale (proponente l'assessore all'Ambiente Mario Tonina) ha annunciato pochi giorni fa con un comunicato stampa che l’area del Pradel di Molveno verrà interessata a lavori della durata di due anni, con nuove piste per slittino, sistemazione delle piste attuali, e soprattutto un nuovo bacino di accumulo per innevamento artificiale, da costruire a monte del paese. Ma che avrebbe anche «finalità ludico-ricreative in estate», come dice il progetto della società Pro Alpe. Un progetto depositato dalle Funivie già nel 2018, e che la società prevedeva di inaugurare entro il 2020.

Il comunicato stampa non spiega se la Valutazione Impatto Ambientale ci sia o no. In realtà, nel sito dei procedimenti, la Valutazione risulta ancora in corso, quindi la Via non è ancora concessa e manca nella documentazione online il parere del Parco, poiché tutte le opere ricadono nel territorio del Parco Naturale Adamello Brenta. Non solo: in gran parte le opere rientrano nella zona di tutela Comunitaria Sic.

Per la società delle Funivie, comunque, non ci sono problemi ambientali, pur essendo l’intera area a protezione di livello europeo. Anzi, la costruzione di un bacino artificiale con sponde in cemento armato alte 8 metri sarà un arricchimento ambientale: «La superficie destinata alla formazione del bacino di accumulo è quella che subisce il cambiamento ambientale più drastico e la lavorazione più importante e duratura passando da bosco rado ad area impermeabilizzata riempita d’acqua. Tuttavia se si considera che l’area trasformata è nell’ordine dei 10.000 metri quadrati a fronte di un “comprensorio” in cui si inserisce l’intervento, quale è quello di Pradel, che si può valutare intorno agli 80 ettari, risulta una incidenza percentuale pari a 1,25%. Ovviamente tale influenza diventa del tutto irrisoria se commisurata alla estensione totale del SIC che è nell’ordine delle decine di migliaia di ettari (62.000 circa). L’intervento tuttavia - scriva la società nel progetto - considerato da un altro punto di vista, comporta l’introduzione di fatto di un “nuovo” elemento strutturale nell’ambiente, identificabile potenzialmente come un ulteriore habitat, di tipo acquatico, in un contesto omogeneo e abbastanza uniforme e costituito prevalentemente da superfici boscate continue. Visto in questa ottica non si presenta più come una trasformazione che comporta un inserimento fuori dal contesto naturale bensì come un arricchimento ed una potenziale diversificazione dell’ambiente naturale stesso».

Ma di particolare interesse, nel secondo fascicolo del progetto, è invece il corposo studio dell’ingegner Rudi Bertagnolli dello studio In.Ge.Na. di Bolzano, dal titolo «Studio del dam-break». In breve: è la doverosa analisi di cosa potrebbe succedere, ipotizzando la peggiore delle ipotesi, ovvero la rottura degli argini del nuovo bacino sopra Pradel.

Va detto subito che - nella ipotesi remotissima - gli scenari sarebbero apocalittici, con alcune vie di Molveno spazzate dall’onda di piena che arriverebbe a valle in circa 12-18 minuti (a seconda delle ipotesi analizzate), con un picco di piena nei primissimi minuti e svuotamento completo del bacino in circa 12 minuti. L’ingegnere fa due ipotesi concrete: la rottura dell’argine a valle del bacino, o la rottura di un argine laterale. Per entrambi i casi, vengono riportate decine di mappe e grafici di flussi. Ma sono le parti scritte che fanno impressione.

Le conclusioni riassumono il quadro: «I risultati dello studio riportato in questa relazione mostrano che l’ipotetico caso di rottura d’argine del bacino artificiale di progetto che verrà realizzato in un’area situata alle pendici del Pizzo Gallino, a servizio dell’impianto di innevamento artificiale della Skiarea Pradel nel Comune di Molveno potrebbe determinare un allagamento che va ad interessare alcune categorie urbanistiche sensibili. Nel tratto a monte del centro abitato di Molveno: - un tratto della S.S. 421, di lunghezza pari a circa 300 m, subito a monte del Km 18 della strada statale; - la zona commerciale e produttiva che si trova a valle della S.S.421, compresa tra la zona denominata “Ristoro Genzianella” ed il Km 18 della S.S. 421.

Nel centro abitato di Molveno, un’estesa zona viene allagata, soprattutto nel caso dello Scenario 2 nel quale quasi tutta la portata che defluisce dal bacino a seguito dell’evento di dam-break raggiunge la zona edificata di Molveno. Nella parte alta del paese, che viene raggiunta per prima dall’onda di piena, le zone allagate sono: via Belvedere e le zone denominate Laghestel e Castioni. In queste zone i tiranti che si instaurano sono mediamente pari a 20-30 cm, con valori massimi compresi tra 60 cm e 80 cm. Valori elevati di tirante idraulico (superiori a 1.0 m) si verificano in aree localizzate del dominio e racchiuse tra gli edifici. Le velocità di deflusso in questa zona sono comprese tra 0.5 e 5 m/s. Il flusso va a divagare poi all’interno del centro storico (via Belvedere, via Nazionale, via Garibaldi, via Paganella, via Cima Tosa, via G. Prati, piazza Marconi e Piazza S. Carlo). I tiranti in questa zona presentano valori più bassi e mediamente pari 10 cm, con valori massimi compresi tra 25 e 40 cm lungo le principali direzioni di deflusso. Le velocità di deflusso in questa zona sono comprese tra 0.25 e 3.5 m/s».

Tutto inizia con la premessa: «Il presente lavoro esamina gli effetti dovuti ad una eventuale rottura del rilevato arginale (dam-break) del nuovo bacino artificiale che verrà realizzato a servizio dell’impianto di innevamento programmato previsto nel “Progetto di sviluppo della Skiarea Pradel” nel Comune di Molveno. Tale analisi viene richiesta dall’Ufficio Dighe del Servizio Prevenzione Rischi della Provincia Autonoma di Trento nel caso di realizzazione di bacini di invaso artificiali. Il presente studio fornisce quindi indicazioni riguardo la propagazione dell’onda di piena a valle dell’invaso in caso di ipotetico collasso della struttura e l’individuazione delle aree soggette ad allagamento (insediamenti, attività o altre categorie urbanistiche sensibili) ai fini della protezione civile.
Il progetto oggetto del presente studio riguarda in particolare la realizzazione di un nuovo bacino artificiale a servizio degli impianti di innevamento in un’area situata alle pendici del Pizzo Gallino, tra la Busa dell’Acqua e la Busa del Brugnol». Per la precisione: la collocazione del bacino è prevista in un’area boschiva (centinaia gli alberi da abbattere, come si vede nelle fotografie del luogo) a quota 1290 m s.l.m., in corrispondenza delle coordinate topografiche 652027 m (Est) e 5113258 m (Nord).

«La capacità d’invaso del bacino viene raggiunta tramite operazioni di scavo e rinterro e con la realizzazione di argini di contenimento lungo i lati nord e sud del bacino. La struttura arginale di contenimento verrà realizzata con un rilevato in terra all’interno del quale verrà inserito un setto in calcestruzzo armato. La verifica idraulica relativa ad un ipotetico evento di dam-break è stata sviluppata nel presente studio ipotizzando la rottura istantanea di un tratto di struttura arginale e considerando due diversi scenari caratterizzati uno dalla rottura dell’argine realizzato lungo il lato nord del bacino, e l’altro dalla rottura dell’argine realizzato lungo il lato sud».

Come sarà il bacino? Per lo studio «La realizzazione del nuovo bacino idrico si trova all’interno di un più ampio quadro progettuale relativo al “Progetto di sviluppo della Skiarea Pradel”. In questo progetto sono previsti inoltre: la realizzazione di due piste da slittino, il recupero della prima parte della pista da sci Pradel e la pista variante Tovre, la realizzazione di un fun park e di un campo primi passi e la realizzazione di un impianto di innevamento programmato a servizio delle piste da slittino e da sci. Il bacino di accumulo verrà realizzato a servizio
dell’impianto di innevamento programmato ed avrà finalità ludico-ricreative nella stagione estiva.

Il progetto di realizzazione del nuovo bacino idrico prevede di ricavare il volume d’invaso necessario mediante sterri e riporti. L’invaso verrà realizzato con tipologie di sponde diverse, ed in particolare, con sponde di pendenza 1/8 nella zona sud-ovest e di pendenza 1/4 nelle restanti zone per i primi 2.00 m
di profondità, a partire dal pelo libero. Le sponde situate oltre i 2.00 m di profondità sono state progettate con un rapporto di pendenza di 1/2. Il bacino di innevamento in progetto prevede una superficie del pelo libero di circa 8491 metri quadri; La quota del fondo del bacino si attesterà alla quota di 1283.60 m s.l.m. mentre il livello di massima regolazione è posto alla quota di1290.60 m s.l.m., definendo un volume di invaso pari a 33.600 metri cubi».

All’interno del rilevato arginale, che verrà realizzato con riporto di materiale reperito in sito, «è prevista una struttura muraria in calcestruzzo armato nella parte nord del bacino ed in un tratto nella sponda sud, con funzioni di contenimento dell’acqua. Tale muro presenta altezze variabili; l’altezza massima (calcolata dal piano di posa della fondazione) è inferiore a 10.00 m e pari circa a 8.10 m».

Tutto bene? Sì. Finché non si iniziano a leggere le ipotesi. Scrive l’ingegnere - dopo aver descritto i modelli di analisi apprlicati: «I risultati della modellazione idraulica dello Scenario 1 mostrano che l’onda generata dall’evento di dam-break si divide subito, in corrispondenza del punto di rottura, in due fronti che si dirigono uno in direzione est e l’altro in direzione sud-est. Si può osservare che la maggior parte della portata defluisce in direzione est, lung il pendio che si trova in corrispondenza della Busa dell’Acqua. Circa a quota 1190 m s.l.m. questo flusso tende a deviare in direzione sud-est e sud-ovest, dividendosi in diversi rami: il ramo principale defluisce in direzione sud-est seguendo un fossato inciso che va ad intersecare la strada statale S.S. 421, un altro segue un altro fossato ubicato più a ovest ed un altro scende lungo una piccola vallecola orientata in direzione sud-ovest che si dirige verso le zone denominate Fratte e Laghestel. Il ramo principale, una volta arrivato alla strada statale, la supera e va ad investire una zona edificata in cui si trovano alcuni edifici commerciali e produttivi all’altezza del Km 18 della S.S. 421. I tiranti massimi che si registrano in questa zona edificata sono dell’ordine di 1.2 – 1.3 m e le velocità massime di circa 1.2 m/s. A valle di questa zona i flussi di divagazione si immettono nell’alveo del rio di Lambin e da qui raggiungono poi il lago di Molveno. La parte di portata generata dall’evento di dam-break che dal punto di rottura segue la direzione sud-est si congiunge a quota 1160 m s.l.m. con i deflussi che si dirigono verso le località Fratte e Laghestel. Questi flussi di divagazione raggiungono quindi il centro abitato di Molveno e vanno ad interessare alcuni edifici ubicati lungo via Belvedere, in località Castioni, ed un’altra zona edificata situata più a valle lungo la S.S. 421. Da qui i flussi di divagazione si immettono nel corso del rio di Lambin. I tiranti massimi che si riscontrano in corrispondenza delle zone edificate sono dell’ordine di 10-20 cm, mentre le velocità massime sono dell’ordine di 1.00-1.40 m/s».

Poi: «Nello Scenario 2, nel quale si considera la formazione di una breccia nel lato sud del rilevato arginale, il flusso discende il pendio in direzione est / sud-est fino ad immettersi nella vallecola che era già stata seguita dai flussi di divagazione dello Scenario 1 e che porta alle zone denominate Fratte e Laghestel. In queste zone, i deflussi seguono le stesse direzioni che erano state individuate nello Scenario 1, ma i fenomeni di esondazione si verificano con maggiore intensità dal momento che l’intera portata si riversa ora lungo questa direzione. Questo determina anche una maggiore propagazione dell’onda di piena anomala all’interno delle aree del centro abitato di Molveno situate più a valle. In particolare, le zone edificate del Comune di Molveno interessate dal fenomeno di propagazione dell’onda di piena generata dal dam-break sono: le aree lungo via Belvedere, le zone denominate Castioni e Osellera, le aree lungo la S.S. 421 tra il Km 19 e l’incrocio con via Belvedere, e la zona del centro storico compresa tra via Nazionale e la sponda destra del lago di Bior e del lago di Molveno.
All’interno del centro edificato di Molveno - scrive lo studio - i maggiori tiranti si riscontrano nella zona denominata Castioni, dove i valori massimi di tirante sono compresi mediamente tra 60 cm e 80 cm. Valori maggiori si riscontrano in alcune zone isolate a causa di puntuali discontinuità ed irregolarità del terreno. Le velocità massime nella zona denominata Castioni raggiungono valori anche dell’ordine di 2.5 m/s. Più a valle, all’interno del centro storico di Molveno, i tiranti massimi sono dell’ordine di 30-60 cm, mentre le velocità massime si attestano intorno ai 2.00-2.3 m/s».

Sì, ma quanto ci metterebbe l’acqua ad arrivare in paese? Lo studio ci spiega che «dall’analisi dei valori massimi di tirante e velocità si è analizzata la propagazione dell’onda di piena anomala generata dall’evento di dam-break valutando la posizione del fronte dell’onda ed i valori del tirante idraulico ad intervalli temporali di 6 minuti durante i primi 50 minuti dall’evento di rottura della diga. I risultati di questa analisi mostrano che, nel caso dello Scenario 1, l’onda di piena anomala impiega circa 12 minuti per raggiungere la S.S. 421, circa 15 minuti per raggiungere gli edifici commerciali e produttivi situati a valle della strada statale e circa 25-30 minuti per raggiungere gli edifici situati lungo via Belvedere, nella zona denominata Castioni. Nel caso dello Scenario 2 invece l’onda di piena anomala impiega 10-12 minuti per raggiungere gli edifici più a monte del Comune di Molveno, situati lungo via Belvedere in località Castioni e dopo circa 20-25 minuti i deflussi raggiungono anche il centro storico del paese. Gli edifici situati lungo la S.S. 421, subito a valle rispetto a quelli ubicati lungo via Belvedere, vengono raggiunti dall’onda di piena in circa 18 minuti dalla rottura dell’argine».

 

 

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