«In tutte le regioni del Nord rischio infiltrazioni mafiose»

di Elena Nicolussi Giacomaz

«Tutte le regioni del Nord sono a rischio infiltrazioni mafiose. Anche il Trentino. Ma non da adesso, da decenni. Questa "linea della palma" di cui parlava Leonardo Sciascia, questa terra dei fuochi al contrario, ha ormai conquistato anche i massicci alpini». 
Vincenzo D'Onofrio, oggi procuratore aggiunto di Avellino, torna sulle presunte infiltrazioni di Cosa nostra all'interno della società cooperativa Sant'Orsola e delle cantine Mezzacorona, al centro di una indagine della procura e della Guardia di Finanza di Trento. 
Membro della Direzione distrettuale della Repubblica di Reggio Calabria prima e presso la Procura della Repubblica di Napoli poi, D'Onofrio ha dedicato vent'anni della sua carriera a combattere la criminalità organizzata nei propri territori. Proprio a cavallo tra le cosche ?ndranghetine e le camorre vesuviane, dove fu sventato un attentato del clan Acerra che intendeva ucciderlo facendo saltare la sua auto blindata con un bazooka.

«Non mi meraviglia che la mafia possa investire in un territorio intonso dal controllo militare come quello Trentino - ha precisato ieri dall'aula magna del Liceo Da Vinci, a margine del suo incontro "Il silenzio degli onesti è la vera arma della mafia" -, mi meraviglia che il mafioso si debba necessariamente presentare in quanto tale. Non può investire denaro sporco sostenendo di essere un imprenditore onesto, perché così non elide la concorrenza, non tranquillizza la mano d'opera. Necessariamente chi stipula affari con la criminalità organizzata ne è a conoscenza».

Il mafioso di oggi è multietnico, globalizzato, specialistico. La mafia ha cambiato forma ed aspetto. Ma una cosa non cambia, secondo D'Onofrio: l'omertà. «Non vi può essere mafia se non vi è il silenzio di tutti, non solo dei violenti ma di tutti. Il problema è che la mafia è riuscita ad influenzare il modo di comportarsi di interi territori, di persone perbene» ha tuonato dal palco, ricordando le intimidazioni al padre commerciante. «Ho scelto di fare il magistrato - ha proseguito - perché ho individuato la parola come arma che faceva paura alle mafie». Lo stesso potere della parola che nel ?94 costò la vita a Don Peppino Diana, assassinato dalla Camorra nella parrocchia di Casal di Principe a causa della pubblicazione del celebre scritto «Per amore del mio popolo non tacerò».

«Oggi la terra dei fuochi si sta spostando a Nord - ha poi proseguito - Un dato fortemente allarmante. Ma perché? Perché all'epoca la Campania fu scelta come pattumiera perché gli imprenditori erano certi che fosse un territorio silente, dove anche persone perbene, vedendo carovane di tir sversare rifiuti nocivi nei loro campi, stavano in silenzio. Ecco, l'idea ora che il fenomeno si verifichi al contrario, nell'interland milanese per esempio, mi fa pensare che gli imprenditori campani si siano resi conto che lo stesso atteggiamento può essere replicato al Nord». Ed infine un monito ai ragazzi: «Ricordate che il bullo non è diverso dal mafioso. Non ci può essere il bullo se non c'è il silenzio degli altri».

La giornata dedicata alla legalità del Liceo Da Vinci ha visto anche la partecipazione del giudice del Tribunale di Rovereto Consuelo Pasquali e di Alessandro Clemente e Fabio Peloso, rispettivamente pm della procura dei Minori di Trento e giudice penale del Tribunale di Rovereto. Nel pomeriggio, all'interno del Festival dello Sport, la Rappresentativa magistrati italiani è scesa in campo contro una rappresentativa delle giovanili del Calcio Trento.

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