In calo i trentini che si curano fuori provincia Veneto, Lombardia e Alto Adige le mete più gettonate

di Patrizia Todesco

Mai come in questi anni, in sanità, i conti devono tornare. E quelli della mobilità sono numeri che vengono costantemente monitorati. I dati 2018 confermano il saldo negativo (6 milioni e 700 mila euro), ma a livello di ricoveri il numero di pazienti che sono stati ricoverati fuori provincia è diminuito. Se poi allarghiamo lo sguardo e analizziamo i dati degli ultimi dieci anni scopriamo che il saldo negativo si è ridotto notevolmente grazie all’aumento costante della mobilità attiva. Se infatti la mobilità passiva è rimasta più o meno costante negli anni oscillando tra 61 e i 63 milioni di euro, la mobilità attiva è passata da 45 milioni a 56,34.

Incoraggianti anche i dati sui ricoveri, che sono la voce più pesante. Negli anni il numero di trentini che sono stati ricoverati fuori provincia (soprattutto in Veneto, Lombardia e provincia di Bolzano) è costantemente calato. Erano 15.906 nel 2006 mentre lo scorso anno sono stati 11.442. Di contro rimangono costanti i pazienti ricoverati nei nostri ospedali e provenienti da altre regioni, circa 10 mila all’anno. Positivo, infine, il saldo per quanto riguarda le terme e quello dei trasporti.



Non rientrano nella mobilità passiva e quindi non rientrano nel computo, i tanti turisti provienti da oltreconfine e che ogni anno sono costretti loro malgrado a richiedere cure negli ospedali trentini, sia per malori che per incidenti o infortuni. Si parla 4,5 milioni di euro di prestazioni rispetto ad una mobilità passiva dei trentini in strutture all’estero di 1 milione. Sempre nell’ambito di ciò che potrebbe rientrare nelle cure offerte in Trentino ma che non sono calcolati come mobilità ci sono i circa 3,8 milioni che arrivano dai pazienti della Protonterapia e il saldo positivo derivante dagli emoderivati. Il 25% circa della raccolta di sangue in Provincia viene infatti ceduto e ciò consente un saldo positivo di quasi 1 milione di euro.

Ma dove vanno i trentini a farsi curare e per quali patologie? «Va innanzitutto detto che c’è una quota legata ai trapianti o ai pazienti che risiedono in zone di confine, come il Primiero  - sottolinea il direttore del servizio ospedaliero provinciale, Giovanni Maria Guarrera - La cosa curiosa è che poi, le stesse patologie per cui i trentini vanno a curarsi fuori sono quelle che registrano maggiori afflussi di pazienti da fuori».
Nel corso del 2018 sono stati circa 2.800 i pazienti trentini che si sono rivolti fuori provincia per problemi muscolo scheletrici. Si tratta di interventi di ortopedia, traumatologia, attività di riabilitazione o patologie reumatiche. 1.500, di contro, i pazienti provenienti da fuori che si sono rivolti alle strutture trentine per gli stessi problemi. Al secondo posto le patologie dell’apparato cardiovascolare.

Circa 720 trentini che sono andati fuori provincia e 600 i pazienti in mobilità attiva. Altra categoria di patologie gettonata è quella della legata al sistema nervoso (ictus, tumori cranici, traumi cranici, ad esempio). Qui ci sono stati 824 pazienti che si sono curati fuori  contro i 370 da fuori che si sono fatti curare a Trento. Rimane infine alto il numero dei pazienti con problemi ai reni che decidono di migrare,  ben 723 nel 2017.

Un’analisi più completa verrà effettuata nei prossimi mesi per capire dove è ancora possibile intervenire per una ulteriore “limatura” del debito anche se, a questi livelli, gli scambi tra una realtà e l’altra sono ritenuti fisiologici.

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