Gay, c'è una Trento intollerante «Insulti a chi si tiene per mano»

di Marica Viganò

«Il fenomeno dell’omofobia è purtroppo molto diffuso e radicato anche nella cultura locale». Lorenzo De Preto, presidente di Arcigay del Trentino, evidenzia come a Trento la discriminazione esista. Problema che era stato evidenziato anche al congresso provinciale di Arcigay dell’ottobre 2018, sull’onda del successo del Dolomiti Pride: nonostante l’evento avesse coinvolto oltre  diecimila persone arrivate da tutta Italia, emerse che sul tema dell’inclusione sociale c’era ancora tanto da fare. A distanza di un anno, con l’aggressione verbale a una coppia gay a Mezzolombardo, torna l’urgenza di affrontare il fenomeno dell’omofobia, attraverso la conoscenza e l’educazione.

Lorenzo De Preto, domenica sera a Mezzolombardo un gruppo di ragazzi ha inseguito e insultato una coppia gay: l’episodio dimostra che il problema dell’omofobia è non solo percepito, ma reale?

Il fenomeno è così radicato che non è tanto il problema di una banda di omofobi che insulta le persone. Quanto è accaduto a Mezzolombardo ha avuto una dinamica da manuale: quella del gruppo che aggredisce la coppia. Noi, come Arcigay, raccogliamo quotidianamente testimonianze di chi, camminando mano nella mano per le vie di Trento, in venti minuti di passeggiata riceve almeno dieci insulti. È proprio per evitare di subire aggressioni verbali che tante coppie della comunità Lgbt non girano mano nella mano quando escono di casa.

Le persone che rivolgono insulti alle coppie Lgbt hanno una certa età e quindi faticano ad accettare tutto ciò che è diverso da quanto loro appreso in gioventù o si tratta di gruppi di ragazzi che si rendono protagonisti di spacconate?

In realtà non è una questione anagrafica, perché ciò che sta dietro all’omofobia non riguarda l’età. I giovani sono aperti e tolleranti quando la tolleranza e il rispetto della diversità vengono loro insegnati. Se manca questo tipo di educazione, è nell’età dell’adolescenza soprattutto che viene fuori la necessità di essere spacconi, di porre un divario tra sé e chi socialmente e culturalmente viene discriminato.

La Giunta Fugatti ha cancellato i corsi gender, introdotti sei anni fa dal centrosinistra: secondo lei sarebbe bene riprendere questi percorsi di conoscenza all’interno della scuola o ci sarebbe altro da fare contro l’omofobia?

Sarebbe un bene ripristinare questi corsi per trattare il tema della diversità tra generi, anche in modo blando, ma fornendo il punto di vista scientifico sull’argomento. Parlare delle dinamiche dell’educazione sessuale ed emotiva sarebbe fondamentale. E questo non solo a salvaguardia delle persone Lgbt: l’educazione alle diversità affettive permette ai giovani e ai giovanissimi di sentirsi non solo inclusi, ma anche riconosciuti, e sarebbe utile a tutti per essere preparati quando si riceve un coming out. Mi riferisco in particolare ai genitori, che di fronte al coming out dei figli reagiscono con un allontanamento: dopo un confronto, ammettono loro stessi di aver reagito così perché non sapevano cosa fare. Essere preparati predispone a una maggiore inclusione e a un benessere diffuso per tutti e per tutte.

Questi corsi nelle scuole sono stati davvero così importanti?

Sì, da ciò che abbiamo percepito, dal clima che si respirava. Come Arcigay noi non siamo mai stati direttamenti coinvolti, ma è da anni che andiamo nelle scuole. Abbiamo il nostro gruppo scuola con i nostri formatori che ricevono a loro volta una formazione specifica e che sono preparati a parlare ai ragazzi delle scuole superiori sui temi di bullismo omofobico, del coming out, dell’albabetizzazione delle tematiche Lgbt.

Ha parlato di continue aggressione verbali contro coppie gay che camminano mano nella mano. Trento è una città omofoba?

No, credo che Trento sia effettivamente una città tollerante. Sono altre in Italia le città non tolleranti. Il problema è quando l’affettività e la propria identità di genere diventano qualcosa di manifesto. Non parlo del Dolomiti Pride, ma di episodi quotidiani. Abbiamo dovuto abituarci agli sguardi quando usciamo di casa. Quando una coppia gira mano nella mano, quando due ragazze si danno un bacio in piazza Duomo, quando un transessuale fa una passeggiata in centro, insomma nel momento in cui c’è qualcosa di manifesto, a Trento emerge la vecchia tendenza di pensare che questo cose vanno fatte a casa propria. Dunque, una vera inclusione non c’è, non possiamo testimoniarla.

C’è una richiesta che voi fate alla politica e alla società in generale, oltre alla reintroduzione dei corsi gender?

Chiediamo alla Provincia e ai singoli Comuni di non lasciare il peso della gestione di queste tematiche al solo associazionismo locale e all’Arcigay. In merito all’intervento dell’assessora Stefania Segnana sull’episodio di Mezzolombardo, sono contento della volontà sua di contrastare ogni tipo di discriminazione, ma mi piacerebbe che partisse con un vero e proprio confronto con chi questo tipo di lavoro lo fa attivamente sul territorio, nel nostro caso da 25 anni. Noi, ad esempio, non siamo ancora riusciti ad avere un incontro con l’assessora stessa.

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