A processo per le minacce al leader animalista Rizzi

La morte dell’orsa Daniza e poi la scomparsa del presidente Diego Moltrer (oggetto di una campagna diffamatoria solo perché cacciatore) continuano a produrre contenzioso giudiziario. Imputati per minacce aggravate sono due trentini scesi in campo su Facebook in difesa di Moltrer, intento nobile se non fossero stati usati toni molto pesanti nei confronti del leader del Partito animalista Enrico Rizzi di Erice (Trapani). Frasi pesanti - anzi, in parte  impubblicabili - che però non hanno portato a condanne. Il Tribunale di Trapani, infatti, ha assolto i due imputati, difesi dagli avvocati Claudio Tasin e Giuseppina Barone, «perché il fatto non sussiste».

La vicenda giudiziaria prende le mosse da alcuni post minacciosi indirizzati a Rizzi attraverso Facebook. Ad innescare le polveri nella battaglia mai sopita tra animalisti e cacciatori erano state alcune frasi diffamatorie pronunciate dallo stesso Rizzi in occasione della morte, per cause naturali, di Diego Moltrer. Per quella vicenda Rizzi è stato condannato in via definitiva per diffamazione. Una condanna dolorosa soprattutto sotto il profilo patrimoniale visto che tra risarcimenti alla famiglia Moltrer, spese legali e di giudizio, il “conto” si aggira sui 50.000 euro.

Il pesante commento di Rizzi contro Moltrer aveva innescato  una valanga di critiche, alcune davvero pesanti nella migliore tradizione dei social. Due erano le frasi “incriminate”. La prima, a carico di F.P di Pergine, era un invito poco cordiale a venire in Trentino: «Vieni a Pergine e chiedi di me... Ti faccio mangiare un’orsa intera con cuccioli annessi...e quando manifestate in Trentino avvertimi che vengo a spaccarti il c....». Ancor più becero era il commento attribuito al secondo imputato, A. P. anche lui di Pergine: «Mi faccio tua madre e tua figlia (nella versione letterale il termine usato è ancora più pesante, ndr) mentre uccido un camoscio». Frasi comparse su internet il 18 novembre 2014.

Qualche giorno dopo Rizzi presentava presso il comando  carabinieri di Trapani una querela contro ignoti. Nella denuncia il leader degli animalisti spiegava di essere da tempo vittima di pesanti intimidazioni: speronamenti in auto, avvelenamenti di animali, minacce di morte telefoniche, sfondamento con sassi dell’auto (tutte vicenda a cui gli imputati trentini sono ovviamente estranei). In questo clima già pesante, si sarebbero inseriti i post velenosi su Facebook per cui Rizzi chiedeva che procedesse l’autorità giudiziaria. Attraverso l’ip dei computer i carabinieri sono risaliti ai presunti autori dei post minacciosi.

La procura di Trapani chiese l’archiviazione del procedimento. Il giudice però accolse l’opposizione della parte lesa ordinando l’imputazione coatta di due delle tre persone finite sotto inchiesta.

L’ultimo capitolo giudiziario, salvo ricorsi, si è celebrato a Trapani, ufficio giudiziario certo non comodo per gli imputati. Ma il lungo viaggio fatto del difensore, l’avvocato Tasin, non è stato vano: la difesa è tornata a casa con l’assoluzione. Il giudice non è neppure entrato nel merito delle frasi incriminate accogliendo la tesi dei difensori secondo cui non c’era agli atti prova che i post fossero stati scritti dai due imputati.

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