«In quota solo per fare selfie e bere spritz» E arriva il decalogo per i turisti nei rifugi

di Daniele Benfanti

«Ci sono escursionisti che arrivano in rifugio a oltre duemila metri e chiedono un cocktail o uno spritz. E si sorprendono che non siamo attrezzati per accontentarli…». Lo racconta Alberto Bighellini, da due anni gestore del rifugio Sat Marchetti allo Stivo.

Franco Nicolini, guida alpina dal 1985 e da nove anni gestore del rifugio Tosa Pedrotti sulle Dolomiti di Brenta, ne ha da raccontare di episodi bizzarri con protagonisti i nuovi frequentatori della montagna, «figli dei social» e «schiavi della comodità».

«Proprio l’altro giorno - riferisce ancora contrariato - un escursionista mi ha fatto vedere il tutorial che ha realizzato per mostrare il primo tiro di corda al Campanil Basso. Macché tutorial, servono dita delle mani, punte dei piedi e cervello! Per non dire di tutti quelli che arrivati al nostro rifugio si fanno il selfie per dire che ci sono stati e non si accorgono nemmeno del panorama mozzafiato che hanno davanti agli occhi…».

Giusto approccio alla montagna, cultura del rifugio da non dare per scontata, rispetto dei luoghi, sicurezza, pratiche ambientali: se i frequentatori della montagna estiva ne difettano, bisogna correre ai ripari.

È quanto sta facendo il Cai nazionale, che tra questo mese e ottobre apporrà nei rifugi di sua proprietà un tabellone con una sorta di decalogo del corretto rapporto con la montagna e i rifugi, che coinvolge ambiente, utenti e gestore.

A chi la montagna la frequenta con umiltà e rispetto, possono sembrare consigli banali: non sprecare energia, acqua, suolo; ridurre i rifiuti ed evitare rumori molesti; non chiedere lussi in quota; non pretendere di camminare con gli scarponi nelle camere e di portarci le attrezzature destinate agli appositi depositi; apprezzare il bello; instaurare un proficuo rapporto con i gestori, conoscitori del luogo e professionisti dell’accoglienza; comunicare i propri itinerari e non sfidare il maltempo.  

«Ci sembrano indicazioni semplici, ragionevoli e utili - osserva Roberto Bertoldi, vicepresidente della Sat - e potremmo aggiungerle ai cartelli in quattro lingue già installati da noi anni fa per richiamare a un uso responsabile delle risorse, soprattutto idriche, nei rifugi. Purtroppo ormai in quota si vede di tutto. Molti mancano di cultura della montagna».

Qualche esempio? Ancora Alberto Bighellini dallo Stivo: «Da chi resta interdetto perché non abbiamo il gelato o le patatine, a chi sentendosi dire che deve portare i rifiuti a valle ce li infila sotto i tavoli o persino nel bagno… Da chi arriva senza felpa nello zaino a chi si meraviglia perché non c’è il wi-fi o pretende di riscappare a valle appena sente un tuono… Ma ci chiamiamo “rifugio” apposta!».

«C’è un positivo ritorno alla montagna – aggiunge Franco Nicolini del Tosa Pedrotti – ma spesso poco intelligente. Serve un passo indietro. È una questione di vivibilità e di sicurezza. Staccarsi dallo smartphone, parlare, stare in silenzio, apprezzare e non storcere il naso se si condivide il tavolo con qualcuno, magari straniero. In fondovalle la vita è viziata e la si pretende anche quassù. In cucina proponiamo tre primi e tre secondi al giorno. Nei rifugi svizzeri, per dire, c’è solo un piatto: minestrone con wurstel. “Rifugio” deve essere solo quello che raggiungi a piedi. Molti locali chiamati impropriamente rifugio sono diventati quasi dei resort…».

Intanto proprio sul fronte sicurezza sembrano funzionare i 180 cartelli disposti dalla Sat nei parcheggi e alle partenze delle cabinovie e funivie per allertare i turisti sugli effetti della tempesta Vaia del 2018 sui sentieri.
«I più frequentati li abbiamo sistemati», ricorda Bertoldi della Sat. Sono in arrivo, poi, nuovi cartelli più grandi su pali autonomi, sistemati a pochi metri dall’inizio dei sentieri vietati a bici e e-bike. Ma poi servono i controlli».
Per quanto riguarda le presenze nei rifugi, molto bene agosto, sottotono giugno, stabile luglio.

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