«Parlare del tumore fa bene a chi è malato»

Parla Il dottor Orazio Caffo, direttore dell'unità operativa di oncologia medica dell'Azienda sanitaria

di Patrizia Todesco

Ci sono molti modi per affrontare una diagnosi di cancro e poi vivere con la malattia. Nadia Toffa ha scelto di combattere la sua personale battaglia a viso aperto, senza nascondere nulla. Lo ha fatto facendosi selfie con le parrucche, in ospedale prima delle chemioterapie, con la faccia gonfia per il cortisone, ma mostrando sempre il suo lato migliore, il suo sorriso, e infondendo coraggio a milioni di persone nella sua stessa condizione. «E ora forse qualcuno potrebbe pensare che hai perso, ma chi ha vissuto come te, non perde mai», hanno scritto ieri i colleghi delle Iene sul sito internet della trasmissione.
Il dottor Orazio Caffo è direttore dell'unità operativa di oncologia medica dell'Azienda sanitaria.
Dottor Caffo, appena Nadia Toffa ha parlato per la prima volta della sua malattia ha creato un legame fortissimo con i suoi fans e non solo, ma ha anche mostrato un nuovo modo di affrontare la malattia.
Certamente il suo è stato un messaggio e un modo inconsueto per la nostra cultura di comunicare il proprio essere ammalati, così come anche quello di Mihajlovic. L'aspetto fondamentale, al di là del contenuto del messaggio che danno queste persone, è la voglia di rendere pubblica la malattia che fa a pugni con la mentalità per la quale il tumore è un qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere. Da sempre c'è paura della caduta dei capelli, ad esempio, perché è il segnale, per tutti, dell'inizio della terapia. Purtroppo in molti c'è ancora vergogna, quasi i pazienti vivessero dei sensi di colpa per la diagnosi ricevuta.
Quindi un tabù infranto sia da Mihajlovic che da Nadia Toffa.
Queste persone, rendendo pubblica la loro malattia, sono andate controtendenza. Altro aspetto importante è che sicuramente Nadia Toffa, con i suoi messaggi, ha saputo infondere anche molto coraggio a chi si trova ad affrontare la stessa situazione.
Anche le parole, quando si deve affrontare questa malattia, sono importanti. Nadia Toffa, ad esempio, ha più volte sottolineato che chi affronta il cancro non è un malato ma un guerriero.
Parlare di guerra, di guerrieri è un po' un'arma a doppio taglio perché, chi poi finisce per non "vincere", sembra che non abbia avuto coraggio o forza a sufficienza, e non è così. Entrambi questi personaggi famosi hanno ricevuto molti commenti contrastanti sui social proprio su questa terminologia da "guerra" usata. La cosa importante da dire è che ogni persona affronta il cancro a modo proprio, con le proprie certezze e incertezze. Il fatto di parlare della malattia è comunque un fattore positivo e stimola chi sta attorno ad essere d'aiuto, perché per affrontare questa malattia ci vuole del supporto e bisogna evitare l'emarginazione.
Questo perché le cure sono lunghe, la possibilità di sopravvivere elevata e le persone che hanno cronicizzato la malattia sempre più numerose.
Certo, c'è il periodo della cura, ma per molti c'è anche un dopo. Parlarne fa comunque bene per superare la mentalità che bisogna tenere nascosta questa patologia. Si tratta di una malattia che va affrontata come altre. Oggi ci sono armi efficaci. Gli ultimi dati di AIRTUM ci parlano di 3,4 milioni di persone che nel 2018 vivono in Italia dopo una diagnosi di tumore. Uno su quattro è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e puo considerarsi guarito. Per la nostra realtà si stima che, al 1 gennaio 2015, il numero di persone viventi, residenti in provincia di Trento, con diagnosi di tumore nei 10 anni precedenti fosse pari a circa 17.000 persone. Purtroppo nel caso di Nadia Toffa si parlava di un tumore cerebrale per il quale, purtroppo, oggi non ci sono molte terapie mediche come per altri tipi di tumore, ma in futuro potranno esserci anche per questo particolare tipo di tumore. E comunque questa donna ha dimostrato che fino a quando ha potuto ha vissuto una normale.
Ma dalla sua esperienza sono ancora molte le persone che tengono nascosta la diagnosi ad amici, colleghi o parenti?
Purtroppo sì. Ho persone che vivono magari in piccole realtà che preferiscono venire a curarsi a Trento perché non vogliono farsi vedere nell'ospedale più vicino a fare terapia. Esiste ancora la percezione di malattia come stigma e questo va superato.
In alcuni casi però le persone non rivelano la malattia per "proteggere" i familiari.
A volte capita, ma si arriva ad un certo punto in cui nascondere è impossibile. Bisogna imparare ad affrontare la malattia e per questo è importante anche il supporto psicologico. Quello che ho notato è che per molte persone che poi sono guarite effettivamente la malattia viene considerata un dono, un qualcosa che ha aiutato a crescere, a vedere la vita in altro modo, ad apprezzare aspetti che prima venivano sottovalutati.
Entrambi questi personaggi hanno poi sempre lanciato messaggi positivi, la speranza di guarire non è mai venuta meno.
Giustamente, oggi le terapie efficaci ci sono. L'immunoterapia è sempre più utilizzata ed ha indicazioni anche per altri tipi di tumore rispetto a quelli per i quali veniva usata inizialmente. Alcune nuove terapie su base immunologica stanno trovando applicazione anche per la cura delle leucemie, anche se al momento i costi sono ancora altissimi. In ogni caso la ricerca va avanti e ogni anno ci sono delle novità importanti.

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