I tabulati smentiscono l'agente Ma la multa per uso del telefono in auto resta valida

L’agente della polizia locale che lo ha visto transitare non aveva dubbi: l’automobilista stava parlando al telefono cellulare, mantenendo la mano sinistra appoggiata all’orecchio. Da qui la multa.

Una sanzione che il conducente ha però impugnato davanti al giudice di pace, sostenendo che tutto fosse nato da una errata percezione da parte del vigile. E per dimostrare la sua tesi il ricorrente ha depositato pure l’estratto delle chiamate del telefono personale e di quello aziendale. Ma nemmeno il tabulato lo ha salvato: ricorso respinto e 165 euro da pagare. Per il giudice di Mezzolombardo, infatti, l’accertamento, eseguito dal vigile e messo a verbale a fronte di una diretta percezione visiva, è assistito da fede privilegiata, superabile solo con la querela di falso.  

La guida con il telefono cellulare resta anche per i trentini una delle violazioni più frequenti, nonostante il divieto e - soprattutto - il rischio di distrazioni i cui esiti - come dimostra la cronaca - possono essere anche fatali. In questo caso il fatto finito sul tavolo del giudice di pace risale al gennaio 2019. È mattina presto e l’uomo sta transitando da solo quando, all’altezza di un incrocio, un agente che procedeva a piedi in senso contrario gli intima di fermarsi e gli contesta di avere utilizzato il telefono cellulare mentre viaggiava. In particolare, come viene riportato nel verbale, il vigile evidenzia che durante la marcia faceva uso di un telefono mantenendolo con la mano sinistra appoggiato all’orecchio sinistro.

Una contestazione che il conducente però respinge, sostenendo che l’agente fosse incappato in un errore di percezione. In sostanza - questa la versione del sanzionato - quella mattina non aveva usato di telefono cellulare, ma aveva assunto una postura di guida scorretta appoggiando la mano sinistra alla testa. A  sostegno di questa spiegazione, come ricorda il giudice, l’automobilista aveva allegato al ricorso anche l’estratto delle chiamate del telefono cellulare personale e di quello aziendale di quel giorno. Ma nemmeno questa documentazione ha “salvato” il conducente dalla multa.

Richiamando la sentenza della Corte di Cassazione, infatti, il giudice di pace ricorda che - in questo caso - si deve ritenere che sia assistita da fede privilegiata l’indicazione nel verbale dell’uso del telefono cellulare durante la guida, dal momento che questa circostanza «risulta oggetto diretto della percezione visiva» dell’agente della polizia locale, che l’ha messa a verbale e immediatamente contestata.

Di conseguenza - si legge - «per contestare l’efficacia probatoria del verbale opposto l’unico rimedio è la querela di falso»: solo così sarebbe infatti possibile contrastare la forza insita in un atto pubblico, redatto da chi è deputato a certificare la verità. Quindi, ricorso respinto, ma spese compensate.

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