In un mese 9 morti in moto, bollettino di guerra

di Matteo Lunelli

Più pattuglie con i telelaser, intensificazione dei controlli e, se possibile, riduzione dei limiti di velocità sul alcune strade. Oltre a una forte campagna di prevenzione e sensibilizzazione. Provincia e forze dell’ordine mettono in campo tutte le armi per far fronte a quella che il presidente Fugatti ha definito «una guerra»: le morti dei motociclisti sulle strade trentine. Nove nell’ultimo mese. Un dato sconvolgente.
«Se parlassimo di un qualsiasi altro settore useremmo senza paura la frase “siamo in guerra”. E infatti siamo enormemente preoccupati e pronti a mettere in campo ogni tipo di misura, anche eccezionale, per fermare le tragedie».



A parlare è il presidente Maurizio Fugatti. Poco prima il comandante della polizia stradale Giansante Tognarelli aveva letto un drammatico elenco, quello delle nove vittime di incidenti stradali con la motocicletta avvenuti dal 2 giugno all’1 luglio. Un mese di sangue sulle strade. Un vero e proprio bollettino di guerra. Nove morti, otto per la cosiddetta “autonoma condotta”, ovvero senza responsabilità di altri motociclisti o automobilisti. Nove vite spezzate, dal più giovane di 33 anni al più anziano di 68, che non passano inosservate, né sulle pagine della cronaca nera, né evidentemente negli uffici della politica e delle forze dell’ordine. E a questi vanno aggiunti gli incidenti in macchina, a partire da quello di domenica a Zambana, che vanno ad allungare tragicamente il bollettino. Così ieri c’è stata una riunione straordinaria, con il già citato Fugatti, ma anche il commissario del governo Sandro Lombardi, il questore Giuseppe Garramone e i rappresentanti di varie forze dell’ordine. Tutti insieme, ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze, per lanciare un allarme e promettere una serie di interventi ad hoc.

«Saremo inflessibili, la prevenzione non è mai abbastanza: studieremo con il questore i dati e le strade e metteremo in campo una serie di provvedimenti» ha assicurato Sandro Lombardi. «Bisogna continuare a sensibilizzare le persone che si muovono sulle strade, perché la scarsa prudenza e il mancato rispetto del codice della strada sono le cause principali di queste tragedie», ha aggiunto Giuseppe Garramone. Ma quali sono queste misure? Come accennato verranno studiate nel dettaglio dai tecnici delle forze dell’ordine, ma qualche indicazione c’è già: intensificazione della presenza di telelaser, più pattuglie, controlli nelle zone “a rischio”, come i passi dolomitici, valutazione di ridurre ulteriormente i limiti di velocità sul alcune strade. Un pugno duro, legittimo e utile, che tuttavia vale poco o nulla se ognuno di noi non cambia il proprio atteggiamento.

Un esempio l’ha riportato Tognarelli: venerdì scorso un motociclista è stato fermato a 103 chilometri orari all’uscita delle gallerie di Cadine in un punto dove il limite è di 70 kmh. È stato sanzionato (la patente non gli è stata ritirata perché non era oltre i 40 kmh rispetto al limite) ed è risalito in sella. Dieci minuti dopo a Vezzano lo stesso motociclista si è schiantato dopo aver sbandato, distruggendo la propria moto. Limiti, regole, controlli, quindi, servono a poco o nulla se non si usa il cervello.
«Infatti il primo messaggio da lanciare è sulla prevenzione - aggiunge Lombardi -: ridurre la velocità, rispettare i limiti, allacciare le cinture, non usare il telefonino, non bere, non drogarsi. Ovvero evitare i comportamenti che mettono in pericolo la propria vita e quella degli altri. Cercheremo di intensificare i controlli perché evidentemente le persone non lo capiscono da sole». Naturalmente il problema non è nuovo: le strade del Trentino sono meta del turismo in moto e ogni anno la campagna di prevenzione riparte con cartelloni e segnaletica che invitano alla prudenza.

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