Sanità: va pagato il tempo dedicato al "cambio divisa" «Ai dipendenti 3mila euro»

di Nicola Maschio

La Uil vince contro l’Azienda Sanitaria provinciale, una battaglia legale durata ben otto lunghi anni. La sentenza della Cassazione, datata 17 giugno 2019, ha riconosciuto il tempo dedicato al «cambio divisa» nelle professioni sanitarie come parte integrante dell’orario di lavoro che, di conseguenza, dovrà essere da ora in avanti retribuito. Ed ecco perché pare che, oltre alle spese legali, l’Azienda si ritroverà a dover rimborsare tremila euro ad un totale di settemila dipendenti.

Si tratterebbe di 21 milioni ma in alternativa, il sindacato potrebbe pensare di sanare la situazione con un versamento una tantum. Era il 2011 quando il sindacato della UIL FPL (Federazione Poteri Locali Settore Sanità) ha iniziato lo scontro contro l’ente provinciale. L’operazione di vestizione e svestizione in concomitanza con l’orario di lavoro è un’operazione quotidiana che i dipendenti dell’Azienda svolgono prima di cominciare il turno, ma che fino ad oggi non era stata riconosciuta come parte integrante dell’orario lavorativo.

Dallo scorso 17 giugno invece è cambiato tutto, con la parola «fine» che ha reso particolarmente soddisfatto il sindacato. Questo anche alla luce del fatto che in diverse parti d’Italia, prima su tutte la città umbra di Orvieto, l’accordo tra sindacati e Azienda Sanitaria su questa tematica è stato già trovato da tempo. «Siamo dispiaciuti del fatto che il nostro ente provinciale non abbia capito l’importanza di stipulare un accordo già all’avvio della discussione - ha spiegato Giuseppe Varagone, segretario provinciale UIL FPL Sanità. - I vertici dell’APSS hanno voluto continuare una battaglia legale con i soldi dei cittadini ed è giusto che ora capiscano l’errore. C’è grande amarezza, ma anche molta felicità per il traguardo raggiunto, con un ringraziamento speciale che va fatto a Cinzia Pretti, prima sostenitrice di questo riconoscimento».

Nel 2011 come detto il via all’azione giudiziaria da parte del sindacato, sostenuto dall’allora avvocato Daniela Longo (ora Difensore civico della Provincia Autonoma di Trento). La svolta avviene qualche tempo dopo, quando oltre al «muro» eretto dall’Azienda dell’allora direttore Luciano Flor si aggiunge quello di tutte le altre rappresentanze sindacali. Proseguendo la sua battaglia in solitaria, la UIL FPL ha ottenuto esito positivo dalla Corte d’Appello nel 2013, con una sentenza in cui si dichiarava che «il tempo necessario alla vestizione e alla svestizione della divisa aziendale all’interno dell’APSS da parte della ricorrente costituisce a tutti gli effetti orario di lavoro». Nonostante questa sentenza l’Azienda Sanitaria non ha ugualmente ceduto alle richieste del sindacato, fino al giudizio finale della Cassazione che, come detto, ha dato piena ragione a quest’ultimo.

 «I dipendenti hanno per contratto l’obbligo di utilizzare le divise fornite dall’Azienda, per motivi di igiene - ha concluso Varagone. - È giusto dunque che si consideri questo tempo come lavorativo. Il risultato non poteva che essere questo, vista la medesima applicazione anche in altre parti del Paese. Il mancato sostegno degli altri sindacati? Mi auguro che anche loro ammettano la sconfitta, dato che quanto approvato andrà in favore di molte categorie. Invitiamo i cittadini a contattarci per chiarimenti, saremo ben felici di dar loro tutte le informazioni che desiderano. Questo anche perché voglio ricordare che l’Azienda ha proseguito in questi anni grazie a soldi non suoi, ma della cittadinanza: dubito che un direttore si presenti in tribunale con il suo portafoglio». Quanto decretato dalla Cassazione apre dunque uno scenario completamente nuovo, un riferimento anche per altre categorie.

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