Caldo torrido, rischiano 700 operai Metalmeccanici: tre svenuti

di Francesco Terreri

A Lases i lavoratori estraggono le pietre di porfido mentre il termometro segna 41 gradi. Sono 700 i cavatori al lavoro che rischiano il pericolosissimo colpo di calore. In acciaieria si sono raggiunti i 47 gradi. Ma temperature elevate si trovano in molte fabbriche anche se il processo produttivo di per sé non produce molto calore, perché la stragrande maggioranza dei locali non sono condizionati. Così negli ultimi giorni tre operai metalmeccanici sono svenuti sul posto di lavoro e uno di essi è stato ricoverato al pronto soccorso. Sono 45 le segnalazioni di pericolo arrivate al sindacato. In metà dei casi il disagio è elevato, in 13 è «insopportabile».

«Con temperature superiori ai 34 gradi devono scattare azioni per ridurre l’esposizione al pericolo calore - afferma Moreno Marighetti della Fillea Cgil che segue il settore del porfido - Si può decidere di ridurre l’orario di lavoro, è prevista la cassa integrazione oppure metà giornata di lavoro e metà in cassa. Abbiamo chiesto ai datori di lavoro decisioni urgenti perché tutti i lavoratori delle cave sono a rischio».
La campagna Sos Calore, lanciata per il terzo anno consecutivo dalla Fim Cisl, ha raccolto in tre giorni ben 45 segnalazioni pervenute da lavoratori di 21 aziende metalmeccaniche. Solo in un singolo caso viene dichiarato un livello «lieve» di disagio. Ben il 50% dei lavoratori coinvolti, appartenenti a 13 delle 21 aziende interessate, dichiara un livello di disagio lavorativo «elevato», che diventa addirittura «insopportabile» nel 29% dei casi, cioè per 13 lavoratori appartenenti a 8 aziende.

A rispondere al sondaggio della Fim sono in prevalenza maschi tra i 36 e i 55 anni, coerentemente con la composizione del settore. La percentuale di donne, il 29% del totale, è comunque superiore alla quota settoriale e suggerisce una maggiore esposizione delle lavoratrici all’affaticamento fisico da alte temperature. Importante anche la quota di over 45 che raggiunge quasi il 40%.

Dove è stato possibile rilevare temperatura e umidità dell’aria, è risultato che il 15% dei casi lavora in condizioni di «cautela», con rischio per possibile affaticamento da lavoro, un altro 31% di «estrema cautela», con esposizione a possibili crampi muscolari ed esaurimento fisico, e quasi il 7% in condizioni di «rischio elevato» di colpo di calore. Tra i sintomi più frequenti che si manifestano durante il lavoro esposto ad alte temperature, oltre a «affaticamento superiore alla norma» e «intensa e persistente sudorazione», dichiarati dalla quasi totalità dei casi, si registrano «cefalea» (oltre il 15% dei lavoratori), «rossore e dolore cutaneo» (quasi il 7%), «polso debole» (oltre il 4%), «perdita di lucidità» (18%) e «vertigini» (13%), «polso accelerato» (15%), «perdita di equilibrio» (7%), «formicolio alle dita» (4%), «instabilità emotiva» (4%), «pelle secca e calda» (oltre il 4%). Nella maggior parte dei casi tali sintomi si presentano in modo associato e simultaneo, fino a 9 diverse sintomatologie dichiarate dalla stessa persona.

«L’esperienza delle due precedenti edizioni del 2017 e 2018 ci aveva già messo in guardia rispetto alle condizioni particolarmente gravose, specie in alcune fabbriche, difficoltà confermate anche quest’anno nonostante gli interventi nel frattempo messi in campo da diverse aziende - sostiene Paolo Cagol della Fim, responsabile del progetto - Riscontriamo miglioramenti in termini di sensibilità e attenzione da parte dei lavoratori. Ad aziende e associazioni datoriali dobbiamo invece chiedere maggior impegno per un problema che nei prossimi anni non potrà che peggiorare: un po’ d’acqua e qualche ventilatore aiutano ma non possono essere considerati interventi sufficienti, servono investimenti e interventi strutturali che non sempre le imprese sono disposte a fare».

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