Doss Trento, 4 richiedenti asilo si occupano del Mausoleo

di Daniele Benfanti

Sulla porta d’ingresso è affisso un foglio che riporta tutti i turni dei ragazzi. Chi è destinato alla pulizia dei bagni pubblici, chi all’apertura e chiusura del Mausoleo di Cesare Battisti, chi alla pulizia delle aree verdi e allo svuotamento dei cestini e al controllo della raccolta differenziata dei rifiuti. Ma c’è anche un secondo foglio che indica chi, in casa, si occupa, quel giorno, di cucinare, del bucato, delle pulizie generali.

Siamo in una casa un po’ speciale. Innanzitutto per il luogo. Quel Doss Trento che da simbolo della città è diventato, forse prigioniero dell’ideologia e delle strumentalizzazioni, quasi un luogo astratto, avulso dal tessuto urbano cittadino. La casa un po’ speciale è la casa riservata al custode del Mausoleo. Dopo la vicenda di un custode che ebbe problemi con la giustizia per detenzione di armi e il pensionamento del successore, i bandi per l’assegnazione del ruolo e dell’alloggio sono andati deserti. E così, Comune di Trento e Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia, hanno pensato di affidare, dallo scorso gennaio, il servizio di custodia e il relativo alloggio a quattro richiedenti asilo.

 Ci accoglie Mamadou, il più giovane dei quattro. Ha 19 anni ed è arrivato in Italia tre anni fa, scappato dal suo paese, la Guinea (Guinea Conakry) seguendo la rotta del Mali, dell’Algeria e della Libia. «Vivevo con mia nonna – racconta in un buon italiano, imparato a Trento al Cinformi in pochi mesi – e come tanti miei coetanei, a 15 anni ho deciso di cercare una vita migliore. Sono stato alcuni mesi in Mali, poi con corriere di fortuna e a piedi con alcuni amici siamo arrivati in Libia. Per una settimana siamo stati anche in carcere. Poi abbiamo trovato un imbarco per l’Europa. Non sapevo che fosse verso l’Italia. Una notte, una nave italiana ci ha salvati in mezzo al Mediterraneo con i giubbotti arancioni di salvataggio».

Prima tappa di una storia come tante la Sicilia, poi Napoli, uno Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) a Caserta. Nel 2017 l’arrivo a Trento. «Ho abitato – aggiunge Mamadou – in un alloggio di Progetto ’92 in Via Veneto. Qui sul Doss Trento mi trovo meglio, nessun rumore del traffico!». Mamadou condivide l’appartamento destinato al custode con Ebrima (Ibrahim) del Gambia, Bisrat, eritreo, 29 anni, il più «anziano» del gruppo, e Yahya, della Costa d’Avorio. Hanno a disposizione un soggiorno con angolo cottura, bagno con lavatrice e doccia, due camere con due letti ciascuna e un piccolo giardino interno.

«Peccato che alcuni uccelli ci abbiano mangiato l’insalata nell’orto» sorride Mamadou. I quattro giovani fanno turni giornalieri per i loro servizi e nei giorni liberi cercano lavoro e si dedicano alla socializzazione. Mamadou ama il fresbee e gioca con altri appassionati. Ha fatto il cameriere e l’aiuto cuoco anche in locali del centro, «ma la cucina italiana è complicata e spesso i clienti mi parlavano in dialetto» racconta ridendo. Ora il suo sogno è lavorare in una fabbrica. Intanto, con i tre colleghi, condivide l’alloggio e l’impegno quotidiano a tenere pulito e in efficienza questo sito che forse il costruendo nuovo museo nazionale degli alpini potrà rilanciare. «Qualcuno mi chiede la storia del monumento – chiude Mamadou – e io gli rispondo che sono africano! Poi dico: andiamo insieme a leggere le tabelle informative…».

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