Prima secco, poi freddo: le api non hanno fatto il miele gli apicoltori sono in ginocchio

di Gigi Zoppello

Allarme miele, in tutta Italia ed anche in Trentino: prima un inverno siccitoso, adesso un periodo di pioggia e gelo, e la produzione è in pericolo. Allarme che viene proprio nella "Giornata internazionale delle api" che è oggi.
«Diciamo che la situazione in Trentino è praticamente la stessa che c’è in tutta Italia, ad esclusione della Sicilia» ci spiega il presidente degli apicoltori trentini, Marco Facchinelli. Il perché è presto detto: «Le api per produrre il miele - ci spiega Facchinelli - hanno bisogno di una certa temperatura per volare sui fiori. Sui fiori trovano il polline ed il nettare, da non confondere. SE volano fuori con temperature di 13 gradi come in questo momento, trovano il polline, che serve per nutrire la covata, ma non il nettare che serve a sfamare la famiglia».
Senza intervento dell’apicoltore, quindi, le api morirebbero di fame. Ma soprattutto non producono il miele. «Con il freddo - spiega il presidente - non c’è fotosintesi, e quindi le fioriture sono vuote. Se guardate in questi giorni la grande presenza di fiori di acacia, vi accorgerete però che all’interno il fiore è vuoto, non contiene nettare, cioè per le api non c’è niente da mangiare».

Gli apicoltori sono in campo per aiutarle: «Ovvio che le nutriamo, per tutelare la famiglia. Ma non c’è produzione; ormai la prima parte della stagione è andata - dice Facchinelli - ad esempio la fioritura del tarassaco (il “dente di cane”) è finita senza produzione di miele. E fino all’anno prossimo, non ce ne sarà più. Così per il melo. In definitiva, la produzione primaverile è stata scarsissima, quasi nulla».
Questo vuol dire che certe varietà di mieli non ci saranno sul mercato? «Qualche apicoltore locale può avere delle scorte dell’anno scorso, va bene. Ma certo certe varietà di mieli locali di primavera saranno scarsissime» conferma Facchinelli. «Se questo diventerà un trend, certi mieli andranno scomparendo», è l’effetto del cambio del clima.

Le aziende sono così in forte difficoltà: «Io dico sempre che dietro ad ogni alveare c’è un’azienda, e dietro un’azienda ci sono delle persone che lavorano e producono. Con questo cambio climatico - dice il presidente - non scompaiono le api, ma rischiano di scomparire le aziende. Anche perché noi apicoltori facciamo parte del grande bacino dell’agricoltura, ma non veniamo considerati dalle politiche agricole, che sono basate sugli ettari, e quindi ci vedono esclusi».
Facchinelli fa un esempio: «L’allevatore di capra bionda dell’Adamello è aiutato, il malgaro della razza Rendena è aiutato, chi sfalcia i prati è aiutato, perché dimostrano di avere ettari. Ma un’azienda apistica, che cosa può fare? Dall’Unione Europea con i Pac in giù, la politica si è completamente dimenticata di noi. E anche nei casi di crisi come questa, non contiamo nulla e non riceviamo nulla».
È il paradosso: senza api non ci sarebbe agricoltura, ma la politica incentiva l’agricoltura e non le api.

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