Stop pesticidi? I produttori: «Necessari, ma vanno limitati»

di Franco Gottardi

«I più felici di mettere al bando i pesticidi sarebbero proprio gli agricoltori». La risposta della politica, con l’assessore provinciale Giulia Zanotelli, e del mondo produttivo alle richieste delle associazioni ambientaliste e dei tanti cittadini che domenica hanno manifestato per la messa al bando della chimica nei campi è la stessa. «Perché - per dirla con le parole di Massimo Tomasi, direttore della Confederazione agricoltori trentina - fare i trattamenti è un costo e un pensiero, ma con stagioni piovose come quella che stiamo vivendo purtroppo è anche una necessità».

Dal presidente della Cia, Paolo Calovi arriva nei confronti del movimento ambientalista una mano tesa: «Credo - dice - che la soluzione non sia lo scontro ma la ragionevolezza. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e condividere un percorso che tenga conto delle esigenze dei produttori e della cittadinanza. Credo che l’agricoltura stia facendo già da anni un percorso in questo senso e oltre alla lotta integrata ora si sta punta molto sul biologico, anche perché c’è una domanda importante del mercato. Chiaro che il consumatore deve essere consapevole che produrre in una certa maniera costa di più perché è più rischioso».

Sulla stessa linea l’assessore provinciale Giulia Zanotelli, che invita a non demonizzare il mondo agricolo e non usare i dati in maniera strumentale. Il riferimento è a chi in passato ha messo in diretta correlazione in certe zone, tipo la sua Val di Non, l’aumento dei tumori con l’uso di erbicidi o fungicidi. «Correlazione non dimostrata» taglia corto l’assessore.

A proposito di dati, anche quelli dell’Istat, che pone il Trentino ai primi posti in Italia per numero di chili di principio attivo per ettaro usati nel trattamento delle coltivazioni agricole, merita una precisazione. «Da noi - spiega Tomasi - le colture sono molto specializzate e hanno necessità diverse. Un metro di terreno coltivato a mais ha un fabbisogno molto inferiore rispetto a un metro coltivato a orto». Ma c’è un altro elemento che fa aumentare l’uso di principi attivi e paradossalmente è la diffusione dell’agricoltura biologica, nella quale per ovviare all’assenza della chimica di sintesi vengono usate spesso grandi quantità di rame e di zolfo, prodotti che pur non essendo così impattanti entrano a pieno titolo nelle statistiche.

Chiaro però che al di là delle graduatorie sono i prodotti tossici quelli nel mirino delle associazioni e dei cittadini che chiedono un’agricoltura più pulita. «Il Trentino - fa presente il direttore della Cia - da molti anni si è dotato di protocolli d’intesa volendo tutelare la produzione con un impatto ambientale più basso possibile. Ci sono però nemici che rischiano di non essere fermati, come insegna la vicenda della xilella dell’olivo».

Certo il biologico è la frontiera a cui tendere. «Ma ci vogliono tempo e soldi. Bisogna proteggere le coltivazioni dalla grandine e dagli insetti. Non sono cose che si fanno dall’oggi al domani» fa presente Tomasi. E il genoma editing, lo studio in laboratorio di specie resistenti, è una pratica border line con l’ogm ancora tutta da definire.

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