A due dentisti conto da 126mila euro L'accusa è quella di danno erariale

Condannati dal Tribunale e ora anche dalla Corte dei conti. Si fa pesante la posizione di due dentisti - Valter Firmani, 63 anni, e Laura Sighele, 61 anni - che dovranno risarcire in solido all'Azienda sanitaria 126.717 euro a titolo di danno erariale. Tutto ciò per avere curato 67 pazienti nello studio di Cavalese (non convenzionato con l'Apss) facendo figurare come se le cure odontoiatriche fossero state prestate nello studio di Pinè (che invece è accreditato e convenzionato con l'Azienda sanitaria). Va sottolineato che entrambi i dentisti, difesi dall'avvocato Monica Baggia, respingono le accuse sostenendo che non c'è stato alcun danno per l'Azienda sanitaria (e dunque non si configura la truffa e neppure il danno erariale) poiché le cure rimborsate dall'ente pubblico sono state regolarmente erogate. Il procedimento giudiziario non si chiude qui: la condanna penale è già stata appellata e altrettanto accadrà per la sentenza della magistratura contabile.

La vicenda emerge da indagini condotte dai crabinieri del Nas in seguito a lamentele di qualche paziente insoddisfatto, curato presso lo studio di Cavalese. Accanto alla procura ordinaria si è mossa anche la procura contabile che ha aperto un'istruttoria - si sottolinea in sentenza - in seguito ad articoli di stampa e non su segnalazione dell'Azienda sanitaria. A conclusione delle indagini, la procura regionale «ha contestato ai due odontoiatri di aver indebitamente prospettato, negli anni 2011-2015, alla clientela dello studio di Cavalese la possibilità di fruire di cure in convenzione con l'Azienda sanitaria, di aver predisposto documentazione contraffatta e di aver dichiarato nelle rendicontazioni inviate all'Apss che tutte le prestazioni, anche quelle erogate nello studio di Cavalese, erano state eseguite presso lo studio convenzionato di Pinè». 

La materialità dei fatti non viene contestata dalla difesa che però inquadra la vicenda come una mera irregolarità formale che non avrebbe causato danni all'Azienda sanitaria perché tutti i pazienti curati soddisfavano i requisiti reddituali indicati dalla Provincia per accedere al servizio. Inoltre mai sono stati chiesti rimborsi per cure non effettuate. 

I giudici contabili sono arrivati però a conclusioni diverse. Il luogo in cui vengono erogate le prestazioni secondo la Corte dei conti non è «un dato fungibile, ma piuttosto un presupposto essenziale del servizio reso al pari del possesso dei requisiti di reddito». Inoltre «la modifica del luogo in cui viene erogato il servizio non dà luogo ad una mera irregolarità amministrativa, bensì all'integrale sviamento delle finalità assegnate all'intervento finanziato». Secondo i giudici deve ritenersi che convenuti, cioè i due dentisti, con le loro condotte «abbiano inciso negativamente sul programma perseguito dalla pubblica amministrazione». Anzi secondo la corte i due dentisti avrebbero agito con dolo, quale «consapevolezza di agire in violazione degli obblighi assunti con l'Apss e con volontà dell'evento dannoso». Il Nas ha quantificato il danno in 126,717,50 euro, cioè quanto indebitamente ricevuto sotto forma di rimborsi dall'Azienda sanitaria. La procura aveva chiesto che il 90% del danno fosse posto a carico del dottor Firmani e il 10% a carico della dottoressa Sighele per il ruolo secondario avuto da quest'ultima. Ma in sentenza non di fanno distinzioni: il conto, salato, va pagato in solido da entrambi i dentisti.

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