Falso incidente, sacerdote truffato Vittima un prete della val di Non

Nel ricco campionario del crimine entra di diritto anche la «truffa al sacerdote». In sostanza il malvivente cerca di sfruttare la generosità del prete per cui aiutare il prossimo è una ragione di vita. Ma dietro al presunto bisognoso potrebbe anche celarsi un truffatore. Lo ha imparato a sue spese don Ernesto Fedrizzi, del decanato di Fondo, che due anni fa, con generosità e un pizzico di ingenuità, si era attivato per aiutare un fantomatico parrocchiano rimasto vittima di un incidente stradale. L'uomo chiedeva un prestito, ma dopo averlo ricevuto, invece di restituire il denaro, sparì. A distanza di 4 anni il 38enne residente a Civitanova Marche, è a processo con l'accusa di truffa.
La vicenda merita di essere raccontata anche per mettere in guardia le potenziali vittime. Don Ernesto infatti non è il primo sacerdote ad essere truffato approfittando di un atto di generosità.  

I fatti risalgono al 21 settembre del 2015. Quel pomeriggio il sacerdote, che aveva appena celebrato la messa, ricevette sul suo cellulare una chiamata da un numero sconosciuto. L'interlocutore si presentò presentandosi come Lorenzo F. (nome risultato poi di fantasia) che abitava a Sanzeno. Per accreditarsi come membro attivo della comunità, l'uomo aggiunse di essere muratore a Coredo e di essere sposato con una parrucchiera. Aggiunse infine che era stato lo stesso sacerdote a dargli in passato il suo numero di telefono. Fatta questa premessa, il misterioso interlocutore raccontò di essere in gravi difficoltà. Disse di essere rimasto vittima di un incidente stradale nei pressi di Montichiari chiedendo in prestito 680 euro per ritirare la sua automobile. Per dare maggiore credibilità al racconto, passò il telefono ad una seconda persona che si qualificò come poliziotto confermando che per ripartire l'automobilista aveva bisogno di 680 euro. 
Don Ernesto non ricordava con precisione chi fosse quel presunto muratore di Coredo, ma decise comunque di aiutare la persona il difficoltà. Il sacerdote ovviamente non aveva tutto quel denaro contante in tasca. Chiese a sua volta un prestito ad un negoziante di Ronzone e poi si recò in un bar di Fondo dove il titolare lo aiutò a fare due ricariche su due carte PostePay che il presunto automobilista in difficoltà aveva indicato. L'accordo era che l'uomo al più tardi l'indomani si presentasse da don Ernesto per restituire la somma ricevuta in prestito via Posta. Accordo che non venne rispettato. Tra i due ci fu un'ultima telefonata dal contenuto emblematico. Il truffatore disse: «Lei che è un parroco dopo avermi aiutato non vorrà mica tirarmi il bidone di una denuncia?» Invece quello stesso giorno, immaginiamo amareggiato per aver aiutato la persona sbagliata, don Ernesto si presentò ai carabinieri per sporgere querela contro ignoti. Anzi, neppure troppo ignoti visto che le carte Postepay su cui venne fatta la ricarica appartenevano alla madre dell'odierno imputato.

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