Assegno unico: serviranno 10 anni di residenza

di Lorena Stablum

Dei 534 emendamenti presentati per modificare in aula la legge sulla variazione del bilancio 2019 all’attenzione del Consiglio provinciale domani e mercoledì, sette sono quelli proposti dalla Giunta provinciale con il presidente Maurizio Fugatti. Ma a mettere in apprensione i sindacati di Cgil, Cisl e Uil del Trentino è uno solo. Quello, cioè, che si riferisce alla modifica dell articolo 28 della legge provinciale 29 dicembre 2016, numero 20 in materia di assegno unico provinciale.

Dopo tanto parlare, la Giunta passa quindi alle vie di fatto e, segue l’onda nazionale. Con la proposta di emendamento intende inserire, «in attesa delle revisione della disciplina complessiva dei requisiti per l’accesso alle prestazioni comprese nell’assegno unico provinciale», i requisiti di residenza cittadinanza e soggiorno previsti dal decreto legge 4 del 28 gennaio 2019, che, a livello nazionale, introduce il reddito di cittadinanza. In base alla norma nazionale, chi chiederà di accedere al reddito, dovrà possedere, tra gli altri requisiti, anche la cittadinanza italiana o di Paesi dell’Unione Europea. Nel caso di cittadini provenienti da Paesi terzi, si dovrà esibire il permesso di soggiorno europeo per lunghi periodi e, se poi si è stranieri non comunitari, la residenza in Italia per 10 anni e di questi gli ultimi due anni in modo continuativo. Si preannuncia battaglia, almeno per il momento, sul fronte dei sindacati.

«Dieci anni di residenza per l’assegno unico equivale a fare discriminazione» vanno infatti all’attacco i sindacati contro la stretta sulle misure sociali annunciata. «Così fanno cassa sui più deboli - aggiungono, in modo congiunto, i segretari di Cgil, Cisl e Uil - L’introduzione del vincolo di residenza di 10 anni per l’accesso all’assegno unico provinciale è un atto discriminatorio. Ascoltare il popolo non significa poter ignorare la Costituzione, le norme comunitarie e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla base delle quali più volte criteri di residenza superiori ai 5 anni per l’accesso ai benefici del sistema di welfare sono stati bocciati. Che lo faccia il Governo statale non dà alcuna giustificazione alla Giunta Fugatti».

Una mossa questa che per i sindacati mostra «l’assenza di indipendenza da Roma» da parte dell’esecutivo provinciale. «Cosa ancor più grave visto che rappresenta la massima istituzione dell’Autonomia trentina chiosano -. Come sindacati abbiamo sempre sostenuto l’opportunità che i vincoli di residenza siano ispirati alla ragionevolezza ed evitino palesi discriminazioni. Ma l’emendamento sui 10 anni di residenza presentato dal governo provinciale al disegno di legge che accompagna la variazione di bilancio, non ci pare abbia queste caratteristiche, anche se dovesse salvaguardare le famiglie con maggiori difficoltà sociali. Se poi la Giunta, nella discussione in Consiglio provinciale intendesse davvero estendere il vincolo dei 10 anni di residenza a tutto l’assegno unico, allora otterrebbe come unico risultato quello di aumentare le discriminazioni a danno dei cittadini stranieri o dei trentini che hanno passato degli anni fuori provincia, facendo un po’ di cassa sulle spalle delle persone più deboli. Bisogna infatti ricordare che l’assegno unico include non solo il sostegno al reddito contro la povertà, ma anche gli assegni provinciali per i figli a carico e le provvidenze locali per i diversamente abili: è allora insostenibile fare differenza tra un bambino o un disabile di una famiglia che abita nella nostra provincia da meno di 10 anni e un bambino o un disabile di un nucleo che risiede qui da sempre, a maggior ragione se poi i componenti allo stesso modo e senza differenze, rispettano le leggi, contribuiscono alla crescita del Trentino con il loro lavoro e pagano regolarmente le tasse».

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