Accusato di sfruttamento per la fidanzata prostituta

Vivono insieme da due anni. Lui lavora come operaio e lei fa il mestiere più antico del mondo. Ma l’amore per una giovane prostituta ha messo nei guai un trentenne albanese, finito a processo con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

L’uomo, difeso dagli avvocati Paolo Dematté e Teresa Gentilini, respinge le accuse e sostiene di non avere mai sfruttato l’attività della giovane. Ieri in aula è stata sentita la ragazza e la prossima udienza del processo in rito abbreviato davanti al gup Marco La Ganga è stata rinviata a marzo.

I fatti sono successi tra la fine del 2016 e il marzo del 2017. Nell’ambito di un’indagine contro lo sfruttamento della prostituzione, condotta dalla polizia, finiscono nei guai in quattro (altri tre uomini sono imputati). Tra questi c’è anche il trentenne albanese, che dal gennaio 2017, vive con la giovane. Si dice innamorato e sostiene di accettare il «lavoro» scelto dalla fidanzata, che del resto faceva la «lucciola» già prima di conoscerlo, da un paio di anni.

Agli atti inchiesta ci sono soprattutto alcune intercettazioni telefoniche che - per l’accusa - confermerebbero lo sfruttamento: sia il controllo sulla ragazza, che l’uomo andava a prendere che denaro ricevuto da lei. In particolare, 120 euro per il pagamento di una bolletta, 50 euro per un’entrata in discoteca e una decina di euro per l’acquisto di una sim. A mettere nei guai l’imputato, inoltre, il fatto che - almeno in quattro occasioni - la giovane si fosse prostituta nell’appartamento che l’uomo ha in affitto e dove vivono insieme.

Ma se per l’accusa questi sono tasselli che configurano il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, per la difesa sono invece da ricondurre ad un normale rapporto di
convivenza. Lui sarebbe andato a prenderla quando  la giovane si lamentava del freddo o della pioggia o l’avrebbe accompagnata «al lavoro», andandosene poi via.

Quanto ai soldi ricevuti, per i legali dell’imputato, dalle intercettazioni emergerebbe che lei stessa diceva che lui non voleva denaro e che era riuscita solo a pagargli una bolletta, una scheda o una entrata in discoteca. Comportamenti riconducibili ad una normale relazione di coppia. Sentita in aula, ieri la giovane ha confermato di avere iniziato a prostituirsi da prima di conoscere il fidanzato, ribadendo di non avere mai ricevuto minacce e pressioni e che lui si sarebbe solo limitato a venirla a prendere.  

Per questo la difesa aveva sollevato anche una questione di illegittimità costituzione su alcuni profili. In particolare, come già avvenuto nel processo in corte d’appello di Bari a carico di Gianpaolo Tarantini, per il cosiddetto «Berlusconi bis», è stata sollevata una eccezione di incostituzionalità di alcuni profili della legge Merlin, che prevede ancora che ci sia una condotta di terzi che incide sull’autodeterminazione della donna anche se lo fa volontariamente (l’istanza è stata accolta e ora è al vaglio della Consulta).

Ma secondo i legali trentini, ci sarebbe anche un contrasto con quanto prevede la legge Cirinnà, che attribuisce rilevanza costituzionale ai rapporti di convivenza e stabilisce per i conviventi doveri di assistenza reciproci anche materiaIi, mentre un altro riguarderebbe l’inviolabilità del domicilio, visto che la giovane si era prostituita dove dimorava. Ma il giudice ha ritenuto infondate le questioni sollevate.

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