Vecchio Santa Chiara, Ioppi: «Serve l'aiuto delle periferie»

«Si fa un investimento a fondo perduto, ben sapendo che questi soldi servono per far funzionare una struttura che ha dei limiti». Il dottor Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei medici di Trento, non esita a definire l’ospedale Santa Chiara «un perenne cantiere», con conseguente disagi per i pazienti e per gli stessi operatori sanitari.

Tuttavia, con la gara per il Not ripartita a otto anni l’avvio dell’iter, incanalare le risorse per un ammodernamento della struttura e un adeguamento alle normative diventa una necessità. Nel 2019 si spenderanno per il Santa Chiara 13,5 milioni di euro.

Al di là dell’impegno finanziario, ancora una volta le corsie dei reparti diventeranno corridoi di un cantiere. «Questo significa per gli operatori sanitari lavorare con delusione, con frustrazione, significa veder spendere risorse in attrezzature che possono funzionare fino ad un certo punto, significa investire in muri che verranno abbattuti, significa effettuare investimenti che potrebbero invece essere indirizzati per motivare il capitale umano, per mettere le persone in condizioni di fare al meglio il loro servizio» prosegue il dottor Ioppi.

Insomma, un circolo vizioso: una struttura ormai superata e dagli spazi insufficienti che porta gli operatori sanitari a lavorare in condizioni non ottimali, costituendo anche poca attrattiva per gli specialisti che provengono da fuori regione e dei quali la sanità trentina ha necessità. Se manca personale, inoltre, le liste d’attesa si allungano. E a farne le spese sono i pazienti.

Fondamentale, secondo Ioppi, è ora il ruolo dei presìdi sanitari periferici. «Gli “ospedali satellite” sono importantissimi in questa situazione - evidenzia il presidente dell’Ordine dei medici - Nel piano organizzativo avrebbero dovuto essere di supporto al Santa Chiara, ma c’è la necessità che ora diventino succursali, in sostituzione dei servizi che l’ospedale di Trento non può più erogare. Dunque gli ospedali satellite dovranno essere potenziati e non ridotti, per fare da supporto alle insufficienza del Santa Chiara che è un cantiere perenne».

C’è innanzitutto un problema di spazi, nell’ospedale principale del Trentino, con una riduzione dei posti letto che è diretta conseguenza dei lavori alla struttura. «Trovare una soluzione è difficile se chi di dovere non ci è riuscito in tanti anni. Del resto, ci sarebbe anche da chiedersi perché si è arrivati a questo punto, ma è difficile attribuire le colpe. La sanità trentina ci fa una brutta figura - prosegue il dottor Ioppi - Per il Not, abbiamo visto che ci sono difficoltà enormi per realizzarlo. Ora servono soluzioni per tamponare l’emergenza e gli ospedali periferici sono chiamati a dare il loro contributo. Se ci trovassimo anche di fronte alla disaffezione del personale sanitario saremmo nel baratro, per questo non bisogna pensare che le persone siano sempre a disposizione: è necessario sostenere adeguatamente chi lavora negli ospedali, intervenire con stima e fiducia, per non correre il rischio di rovinare il servizio sanitario trentino».

Il dottor Ioppi propone un patto sociale. «Le istituzioni devono fare il loro dovere, il personale sanitario deve avere la possibilità di lavorare bene e di sentirsi responsabile e motivato. Ma anche il cittadino deve essere a conoscenza delle difficoltà di chi si trova a lavorare in determinate condizioni e non avversare i medici con le accuse di malasanità - conclude - Si deve investire non solo sull’adeguamento delle strutture, ma anche sul sostegno ai professionisti».

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