Sparò al commercialista a Caldonazzo: condannato a tre anni

Colpevole per tutti i reati contestati, compresa l’accusa più pesante di tentato omicidio, ma pena contenuta: 3 anni e 6 mesi. Si è chiuso così il processo celebrato con rito abbreviato a carico di Ivan Hörmann, il 49enne di Mezzolombardo arrestato il 9 gennaio dell’anno scorso dopo aver seminato il terrore, sparando tre colpi di pistola, nello studio dei commercialisti Rinaldo e Christian Pola a Caldonazzo. L’imputato per ora rimane in carcere anche perché è ritenuto socialmente pericoloso.

Pesante è il carico di imputazioni contestate a Hörmann: tentato omicidio (per il colpo sparato nell’anticamera in direzione della moglie di Rinaldo Pola), lesioni, sequestro di persona e porto abusivo di arma (la pistola Walther P38 più un coltello). Accuse che potevano portare fino ad una pena teorica di 14 anni di reclusione, mentre il pm Pasquale Profiti aveva chiesto 5 anni. La difesa, sostenuta dall’avvocato Andrea de Bertolini, è riuscita a contenere il peso della condanna grazie agli sconti per il rito abbreviato, per la semi-infermità di mente e per le attenuanti generiche.
In aula ieri era presente anche Hörmann ma l’imputato non ha preso la parola. Nell’interrogatorio di convalida, un paio di giorni dopo l’arresto, Hörmann aveva negato di aver voluto uccidere quando sparò i tre colpi di rivoltella.

L’uomo era convinto di essere perseguitato: a far scattare la reazione violente era stato lo sfratto, ormai prossimo, dall’appartamento di Mezzolombardo dove abitava da 19 anni. I commercialisti Pola non avevano alcuna responsabilità in quella vicenda, ma quel giorno Ivan Hörmann si presentò nello studio (armato di tutto punto) perché voleva (con le buone o con le cattive maniere) che qualcuno ascoltasse i suoi problemi e gli desse delle risposte. Nell’ottica dell’indagato le armi (in auto aveva pure una balestra) non servivano ad uccidere, ma solo a dar forza alla richiesta di ascolto. Perché allora sparare a terra? Hörmann spiegò che Rinaldo Pola, con grande sangue freddo, fece un passo verso di lui nell’intento di farlo desistere e di allontanarlo.

Lo sparo sarebbe servito a mostrare la determinazione di Hörmann e a ripristinare la distanza. Ma l’accusa di tentato omicidio riguarda il terzo colpo sparato da Hörmann nell’atrio. La moglie di Rinaldo Pola, Lori Gasperi, raccontò di aver visto puntare la P38 in sua direzione e di essersi lanciata di lato. Secondo la difesa nella condotta dell’imputato non c’è prova della volontà omicida, ma il giudice non è stato dello stesso avviso.

Di certo Hörmann quel giorno non era nel pieno delle sue facoltà mentali. La perizia, affidata dal giudice alla psichiatra Maria Caldarola, conferma che la capacità di intendere e volere non era piena.

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