Marcia per la pace, il Capodanno di dialogo e rispetto

di Valentina Leone

Tra le macerie di Aleppo, dove la guerra ha distrutto vite, luoghi di culto, scuole e ospedali, la condivisione di acqua ed elettricità tra cristiani e musulmani, la presa in carico di donne, bambini e anziani malati qualsiasi fosse il loro credo religioso, ha messo in moto quelli che ieri padre Dobromir Jasztal, vicario della Custodia di Terra Santa, raccontando quanto visto in Siria, ha definito i quattro pilastri fondamentali per costruire la pace. «Questi sono giustizia, libertà, rispetto e carità», ha affermato rivolgendosi alle circa duecento persone che ieri pomeriggio, alle 17, hanno ascoltato la sua testimonianza nella chiesa dei Cappuccini, prima della consueta fiaccolata silenziosa fino al Duomo.

L’incontro, organizzato dalla diocesi in occasione della 52esima Giornata mondiale della pace, ha visto anche la presenza dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi e dell’imam Aboulkheir Breigheche, i quali hanno poi sfilato lungo le vie della città e fino alla cattedrale, spezzando insieme come simbolo di pace e dialogo il pane della pace distribuito ai fedeli prima della consueta messa celebrata da monsignor Tisi. La chiesa dei Cappuccini è un luogo denso di significato: nella mensa antistante, infatti, grazie all’impegno di padre Massimo Lorandini e dei circa 500 volontari che si alternano quotidianamente, ogni giorno decine di persone in difficoltà provenienti da tutto il mondo ricevono un pasto caldo e un aiuto.
Il richiamo al dialogo interreligioso e alla necessità di costruire insieme la pace è stato il filo conduttore di tutti gli interventi, con il vescovo in primis che ha ricordato che «l’unico vero confine è il volto dell’altro: tutti gli altri sono confini malati, che non esistono», e l’imam che intervenendo prima della distribuzione del pane ha ribadito: «La nostra diversità di culto non ci ostacola nella costruzione condivisa della pace, non ci impedisce di camminare insieme: d’altra parte questo è quello che insegnano le nostre religioni. L’islam - ha ammonito Breigheche - vuole la pace: qui, in questa meravigliosa città, abbiamo messo radici e ne siamo parte integrante insieme a voi».

Jasztal, che ha inoltre portato il saluto di padre Francesco Patton, prelato trentino e Custode di Terra Santa, ha raccontato cosa significhi la condivisione e il rispetto reciproco in un territorio dove convivono tre religioni: islam, cristianesimo ed ebraismo. «Oggi in Terra Santa come francescani abbiamo quindici scuole, e circa 10.000 allievi: la metà di questi sono musulmani. Dagli anni ’50, infatti, abbiamo iniziato ad accogliere anche loro, mentre già dall’800 i nostri istituti erano aperti anche ai cristiani ortodossi: oggi in queste scuole si insegna anche il Corano, e questa attività sta preparando le generazioni futura alla civile convivenza. Lì insegniamo il valore della reciproca conoscenza e la liberazione dalle paure: i ragazzi apprendono che da questo incontro nessuno perde, e tutti guadagnano qualcosa di molto importante». Ricordando alcune delle sue esperienze nei luoghi martoriati dal conflitto, padre Jasztal ha poi aggiunto: «Il dialogo ecumenico è già una realtà in territori dove i cristiani si trovano ad essere una ristretta minoranza. Porto anche l’esempio di quanto accaduto ad Aleppo, in Siria, dove nel 2016 ci fu il primo Natale senza i bombardamenti: lì, prima della messa, ci fu una preghiera interreligiosa dei bambini. Oggi in quella città riunificata si condividono servizi, ci sono musulmani che fanno la guardia agli ingressi delle chiese per dare la possibilità ai cristiani di pregare».

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